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mercoledì 10 febbraio 2021

Romanticismo, il turbine dell'anima

 Il termine “romantico” nella sua giusta accezione è qualcosa di molto diverso da quello che noi oggi intendiamo quando diciamo che un film è “romantico”, che è romantico l’abbraccio dei fidanzatini di Peynet al chiaro di luna, oppure la cenetta in un ristorantino sul mare. Forse un lontano legame c’è, nel senso che l’individuo dell’epoca romantica è certamente un individuo di grandi sentimenti, che punta l’occhio verso l’alto piuttosto che sull’amore terreno e “fisico”. Ma il romanticismo in realtà è un turbine violento, che ti scuote l’anima. Lo descrive bene il termine “Sturm und Drang”che significa tempesta e impeto, un vortice che coinvolge l’anima e lo spirito e che è alla base di uno dei più importanti movimenti culturali che caratterizza il passaggio dall’Settecento all’Ottocento. Si sviluppa in Germania tra il 1765 e il 1785 ed è destinato a cambiare la storia. Se come padre del romanticismo viene spesso indicato il poeta e filosofo Novalis, il termine comprende varie scuole e movimenti filosofici: dall’idealismo tedesco (Fichte, Schelling, Hegel) fino a Schopenhauer, a Nietzsche, in ogni direzione relativa alla filosofia dell'esistenza. Ecco perché nel capitolo precedente dicevo che il Romanticismo può essere molte cose, a cominciare dalla contrapposizione fra un Romanticismo positivo, che cerca la conciliazione fra finito e infinito, e un Romanticismo negativo, che mette invece in campo lo struggimento e l’insoddisfazione umana per il loro inconciliabile dissidio. Forse l'essenza del Romanticismo è proprio questo senso di separazione tra noi e il mondo, e sulle strade per raccontarlo e forse anche per emendarlo e risolverlo, immergendoci nel mondo oppure facendoci sommergere dal mondo.
Il Romanticismo comunque va alla ricerca della rappresentazione (ricordiamoci che la parola "rappresentazione" non è un termine banale, come a dire una copia. Rappresentare vuol dire "rendere nuovamente presente qualcosa al cospetto di qualcuno") delle emozioni più profonde e toccanti, della presenza divina sulla terra, di un rinnovato e intenso rapporto tra l’uomo e la natura. Per farlo, si riappropria delle tematiche del medioevo, di una fede profonda e intensa che vuole riconciliare l’uomo con Dio dopo i dubbi dell’Illuminismo. Nel farlo, riscopre l’opera non più celebrativa o descrittiva, e neppure stupefacente, ma capace di entrare in risonanza  con lo spettatore. Nel corso di un secolo questa risonanza si chiamerà sentimento, emozione, sensazione, impressione. E tutto comincia (se si può dire che comincia) quando il Romanticismo ritrova, o ricerca, una intensa spiritualità, un’ampliamento della dimensione interiore che è anche un preludio all’arte moderna. Gli artisti romantici hanno una vera aspirazione all'assoluto e all'infinito, si alimentano dell'idea che lo spirito assoluto sia il modo con cui si manifesta la realtà. Sono idealisti, religiosi e fervidi. Hanno aspirazioni, sogni, nostalgie e purezza d’animo.
Come reazione all’Illuminismo e al Neoclassicismo, cioè alla razionalità e al culto della bellezza classica, il Romanticismo contrappone la spiritualità, l’emotività, la fantasia, l’immaginazione, e soprattutto l’affermazione dei caratteri individuali di ogni artista.

Uno dei precursori del Romanticismo a mio parere è Füssli: il primo a traghettarci nelle dimensioni interiori che supereranno il secolo XIX e arriveranno fino all'espressionismo e anche più in là.


Johann Heinrich Füssli, Solitudine del mattino (1794)
 
 
 
Johann Heinrich Füssli, L'incubo (1781)



Johann Heinrich Füssli (Zurigo, 7 febbraio 1741 – Putney Hill, 16 aprile 1825)Nasce in Svizzera ma lavora per lo più in Gran Bretagna, dove è conosciuto come Henry Fuseli. Ci scompiglia con le sue immagini oniriche, mitologiche, epiche. La sua fonte di ispirazione è nel mondo antico ma sceglie soggetti dove c'è pathos, immaginazione e atmosfere misteriose e magiche

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Joseph Mallord William Turner, Il castello di Alnwick

 

 

Joseph Mallord William Turner, Pescatori sul mare

 

 

Joseph Mallord William Turner, Ulisse schernisce Polifemo

 

 

Joseph Mallord William Turner, La valorosa Téméraire trainata al suo ultimo ancoraggio per essere demolita (1838) 
 
Joseph Mallord William Turner (Londra, 23 aprile 1775 – Chelsea, 19 dicembre 1851) Quattro sole immagini non riescono certo a far capire la grandezza di Turner, la sua capacità di fissare momenti nel loro essere densi di senso, che Turner trova nella varietà dei modi nella rappresentazione della natura e nella sua espressa volontà di elevare la pittura di paesaggio al livello della grande pittura di storia. 

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Caspar David Friedrich, Fratelli al tramonto (1835)
 
 
Caspar David Friedrich, Levar della luna sul mare

 

Caspar David Friedrich, Burrone roccioso (1823)

 

Caspar David Friedrich, Sorger della luna sul mare

 

Caspar David Friedrich, Mattina d'estate

 

 
Caspar David Friedrich, La sera (1820-1821)

 

Caspar David Friedrich (Greifswald, 5 settembre 1774 – Dresda, 7 maggio 1840). Si dice che è il pittore del sublime, della solitudine e che nessuno come Friedrick, nato nella lontana Pomerania svedese, sappia metterci di fronte allo struggimento interiore, allo stupore, all'annientamento che proviamo di fronte alla magnificenza del creato. Nonostante verso fine carriera il suo successo subì un calo, Fiedrich rimane forse il più emblematico dei pittori romantici.
 

 

 

 

 
Victor Eugène Delacroix, Amleto e Orazio

 

Victor Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo

 

Victor Eugène Delacroix, Giovane orfana al cimitero (1820-1821)

Victor Eugène Delacroix (Charenton-Saint-Maurice, 26 aprile 1798 – Parigi, 13 agosto 1863). Coltissimo, viaggiatore, di carattere aperto, si forma in ambiente neoclassico per reinventare una sua pittura fatta di pennellate più veloci e decise. Contrariamente al suo principale "rivale" Ingres, che ricerca nelle proprie opere il perfezionismo neoclassico, Delacroix punta tutto sul colore e sul movimento. Le sue figura non sono "precise" ma sono viventi, le sue scene epiche, belliche o trionfali

 

 

 
Francesco Hayez, I due Foscari (1852-1854)


 
Francesco Hayez, L'ultimo bacio di Romeo e Giulietta (1823)

 

 

 
Francesco Hayez, Gli ultimi momenti del doge Marin Faliero sulla scala detta del piombo (1867)

 

 
Francesco Hayez, Il bacio (1859)

 

Francesco Hayez (Venezia, 10 febbraio 1791 – Milano, 12 febbraio 1882) è il grande interprete italiano del romanticismo. Affronta tanti temi di carattere epico, diviene pittore di saloni, ritrattista, ma lascia un segno indelebile con il suo Bacio, quadro ultra-celebre a dispetto del fatto che Hayez collocava il suo essere romantico prevalentemente in una prospettiva sociale, infatti i molti dipinti ad ambientazione epica o medioevale contengono un messaggio patriottico di stampo risorgimentale. Hayez vive in parte a Milano: conosce Manzoni, Berchet, Pellico e Cattaneo. Mazzini fu uno dei suoi sostenitori. Resta per me stupefacende la modernità del dipinto seguente:


 Francesco Hayez, Autoritratto in un gruppo di amici (1827)

che mi ricorda i riratti americani di Norman Rockwell che vedremo negli Stati Uniti degli anni quaranta e cinquanta.

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Johan Christian Claussen Dahl, Naufragio sulla costa norvegese, 1832

 

 

 
 Johan Christian Claussen Dahl, Veduta di Dresda al chiaro di luna (1839)

 

 

Johan Christian Claussen Dahl, Madre e figlio sulla riva

 

 

Johan Christian Claussen Dahl (Bergen, 24 febbraio 1788 – Dresda, 14 ottobre 1857)  Viene dalla Norvegia un altro grande creatore (ma sarebbe più corretto dire "rievocatore" ) dei momenti in cui il senso panico dei romantici lascia un segno in noi. 

 

 

Con i presupposti di Turner, Friedrich e Dahl ci avviciniamo verso un altro autore che segna il trasformarsi del Romanticismo in forme nuove e più intime: è il grande Daubigny, che a sua volta sarà l'evocatore della Scuola di Barbizon (ci arriveremo tra non molto). 

Un "caso a parte" è Francisco Goya  (Francisco José de Goya y Lucientes ) (Fuendetodos, 30 marzo 1746 – Bordeaux, 16 aprile 1828), che interpreta il romanticismo in maniera autonoma e personale, mettendo in luce anche la brutalità dell'uomo, il disastro delle guerre e l'orrore trasformando (forse anche in seguito a malattia) i toni ariosi delle pitture più giovanili in dipinti tetri dallo stile onirico e visionario, facendosi interprete della parte dannata e dolorosa dell'essere umano.

 

 
Francisco Goya, Il parasole (1777)
 
 

 
Francisco Goya, Don Manuel Osorio Manrique de Zuniga (1788)
 
 
 
 
Francisco Goya, Saturno divora suo figlio (1821-1823). 
 
Come cambia la "pennellata" di Goya negli ultimi anni! Non si tratta solo di un fatto tecnico, è anche il risultato di una malattia dolorosa e invalidante che costringe Goya a dipingere in modo diverso e a diventare molto più "moderno". In questo quadro la luce e l'intera composizione è resa da macchie di colore più che da forme (come i macchiaioli). Il tema, anche se mitologico, pesca nell'inconscio, che - per inciso - doveva ancora essere scoperto. Non è difficile vedere qui i presupposti dell'espressionismo che arriverà cent'anni dopo.

 



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