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lunedì 15 febbraio 2021

Guardiamo in faccia la realtà!

I pittori del Realismo sono forse un po’ stanchi delle idealizzazioni, stanno un po’ più “con i piedi per terra” rispetto ai loro predecessori romantici. Sono più animati da tensioni sociali e dal desiderio di giustizia e di verità che da aspirazioni ideali che spingono al sublime. Il termine realismo ricorre di frequente nella storia dell’arte. Pare che ogni tanto l’arte si risvegli da un sogno (in genere succede in concomitanza di innovazioni tecnologiche) e senta l’esigenza di recuperare sincerità. Il termine realismo (che abbiamo già attribuito almeno un po’ alla scuola di Barbizon) comparirà nella storia dell’arte (e non solo) ogni volta che si vuol ritornare ad una osservazione più diretta del mondo rispetto a qualche cosa che ci aveva “distolto”. Per i pittori realisti, e quindi tutto sommato positivisti, cosa ci aveva distolto? Cosa c’era di tanto criminoso nel Romanticismo? La risposta è un po’ complicata, perché non riguarda tanto il risultato, quanto piuttosto il ruolo dell’artista. Ai realisti dà fastidio qualsiasi corrente o movimento che “tradisce” la realtà, se ne distacca o ne vuol fornire visioni stravolte dall’intervento dell’artista. Naturalmente questo implica una domanda filosofica su “cosa sia” quella che noi chiamiamo realtà. Se il nostro "modo di guardare in faccia" la realtà possa essere qualcosa di esterno e neutro, o se invece non faccia parte esso stesso della realtà (e addirittura la "fabbrichi"). E’ una domanda per ora prematura, che l’arte affronterà tra qualche decina d’anni. Per ora, agli artisti realisti, interessa la sincerità del pittore, che riprende il soggetto puro e semplice. Perché la realtà, cioè il mondo come è veramente, diventa interessante per l’arte. Basta allegorie, basta paesaggi o personaggi epici e simbolici! Tutto può essere un buon soggetto, basta guardare il mondo per ciò che è. Se vogliamo parlare di Realismo come movimento o corrente artistica ufficializzata dalla storia dell’arte, dobbiamo riferirci ad un fermento culturale che attraversa l’Europa, e in particolare la Francia, all’incirca dal 1840 al 1880. Troviamo già in precedenza atteggiamenti realistici e “naturalistici”, per esempio nell’Olanda “barocca” del Secolo d’oro, dove lo sguardo degli artisti si focalizza sull'ambientazione, sul carattere dei personaggi, sulle situazioni vere. Il Realismo risponde al Romanticismo tentando di mostrare la realtà sociale senza idealismi, con meno allegorie e una attenzione autentica verso ciò che, di fatto, accade nel mondo. Si suole dire che il realismo ha “negato il sentimento”, ma a mio parere non ci riesce (e forse non vuole). In ogni caso, Courbet afferma che "un oggetto astratto, invisibile, che non esiste, è estraneo all'ambito della pittura". C’è quindi l’evidente intento materialista dei realisti, ma c’è anche un intento politico, che si rafforza negli anni successivi alla rivoluzione del 1848 e che vuole risvegliare l’idea di giustizia sociale in Europa. Secondo il mio punto di vista, i pittori realisti, compresi quelli della Scuola di Barbizon, sono un momento di passaggio veramente significativo tra la pittura antica e quella moderna. Vedremo poi come l’arte e la scienza future dimostrernno quanto quell'obiettivo di una assoluta oggettivazione fosse velleitario, perfino per la fotografia. Ma ciò che conta ovviamente sono gli intenti, le motivazioni che spingono i pittori a fare quello che hanno fatto. E durante il periodo realista cambiano un po’ di cose anche sul piano tecnico: per raccontare la nuova realtà si cercano anche modi nuovi di stendere il colore sulla tela. E’ infatti in questo periodo che si sviluppa una pittura più libera, fatta a pennellate non troppo precise, guidate dal gesto dell’artista che non deve più dimostrare la sua bravura, ma “rendere” la realtà più efficacemente possibile. Gustave Courbet è senza dubbio uno dei grandi protagonisti di questa corrente, ma io preferisco Daumier, che secondo me è anche il più moderno. Poi anche Jean-François Millet e Rosa Bonheur.
La poetica realista esprime l'interesse verso i problemi della società moderna. Lo storico e filosofo Hippolyte Taine invita a «vedere gli uomini nelle loro officine, negli uffici, nei campi, con il loro cielo, la loro terra, le case, gli abiti, le culture, i cibi», mentre lo scrittore Sainte-Beuve afferma: «La triade bello, vero e buono è certo un bel motto, ma inganna, se dovessi scegliermi un motto, sceglierei il vero».

In questo periodo cominciano anche i primi aneliti impressionisti. La parola "realismo" può essere intesa in senso semplicistico come un tentativo di traduzione fedele del mondo reale nella rappresentazione artistica, ma la spiega meglio Courbet quando definisce i suoi ideali artistici in un opuscolo scritto in occasione dell'Esposizione universale di Parigi: “Ho voluto essere capace di rappresentare i costumi, le idee, l'aspetto della mia epoca secondo il mio modo di vedere, fare dell'arte viva, questo è il mio scopo”.



 
 
Jean Désiré Gustave Courbet, Le Désespéré (autoritratto) (1843-1845)


 
Jean Désiré Gustave Courbet, Uomo ferito (tra 1844 e 1854)


Jean Désiré Gustave Courbet, Le storie di nonna Salvan (Le tre sorelle di Courbet) (1847)


 
Jean Désiré Gustave Courbet, La bottega del pittore (1854 - 1855)
 
Nonostante sia un dipinto profondamente realista (le persone presenti nel quadro erano tutte esistenti) qua Courbet da già "segni di simbolismo" (ci arriveremo tra non molto). Infatti tutti si domanderanno: che ci fa una ragazza nuda in mezzo a quella stanza gelida? (tutti quegli uomini col pastrano e l'altra donna ha perfino lo scialle; quello a destra che legge è Baudelaire)


 
Gustave Courbet, Le ruisseau de la Brême (1866)
 
Molte persone vedendo questo quadro si stupiscono del fatto che non sia "impressionista". Ma come? Courbet non è un impressionista? No di certo, e cercheremo di spiegare tutto nel capitolo adeguato. Era solo per dire che non basta a un bel paesaggio essere fatto con pennellate rapide e dipinto in Francia nella seconda metà dell'Ottocento per essere "impressionista" e che "impressionismo" non è qualunque paesaggio con pennellate rapide e la luce sapientemente piazzata.
 
 
 
Gustave Courbet, Sulla riva del mare (1870)
 
 
Gustave Courbet, Le Château de Chillon (1874)

Jean Désiré Gustave Courbet (Ornans, 10 giugno 1819 – La Tour-de-Peilz, 31 dicembre 1877)

 

 

Honoré Daumier, L'arringa (1848)
 
 
Honoré Daumier, Musicisti di strada (1848)
 
 
Honoré Daumier, Lavandaia (1863)
 
 
 

Honoré Daumier , Giocatori di biliardo (I Bevitori) (1865)
 
 
 
Honoré Daumier, Il collezionista di stampe (1860)

 

Honoré Daumier (Marsiglia, 1808 – Valmondois, 10 febbraio 1879)
A mio parere il più moderno dei realisti, anticipatore dei macchiaioli toscani, un gusto estremo per la "caricatura" (detto in senso alto e per niente riduttivo) e l’esaltazione dei caratteri con pochi tratti essenziali.

 

 

Rosa Bonheur, Berger des Pyrénées donnant du sel à ses moutons (1859)
 
 
Rosa BonheurRosa Bonheur, Scena di aratura, 1854

 Rosa Bonheur (Maria Rosalia Bonheur) - (Bordeaux, 16 marzo 1822 – Thomery, 25 maggio 1899)
 

 

Henri Fantin-Latour, Vaso di fiori

Henri Fantin-Latour, Coin de table (1872)
 
Curiosa, questa "foto di gruppo" di intellettuali amici di Fantin Latour. Da Wikipedia: I primi seduti da sinistra sono Paul Verlaine con il bicchiere in mano e il giovane Arthur Rimbaud dal viso grazioso rivolto verso Verlaine. Rimbaud dà le spalle a sei personaggi; i primi tre seduti sono: Léon Valade, Ernest d'Hervilly e Camille Pelletan; gli altri tre in piedi sono: Elzear Bonnier, Emile Blémont e Jean Aicard. Tranne Pelletan che è un politico, tutti gli altri sono poeti e vengono rappresentati con vestiti neri.  

 
Henri Fantin-Latour, Zinnie in un vaso

 

Ignace Henri Jean Théodore Fantin-Latour (Grenoble, 14 gennaio 1836 – Buré, 25 agosto 1904)
ispirazione da maestri del passato come il Veronese e Rembrandt. Nel 1859 incontra Courbet, nel cui studio lavora per due anni seguenti. E' in fondo un contemporaneo e ammiratore di Édouard Manet, ma rifiuta il modo di fare arte degli impressionisti e sviluppò un suo stile,  realismo lirico e intimista, che mette in risalto il carattere costruttivo della composizione.
I suoi soggetti preferiti sono le nature morte, in particolare fiori, ed i ritratti di molti artisti del tempo, di cui era amico.
La sua pittura ha a che fare con la direzione stilistica che prenderà movimento del simbolismo.


Un caso a parte e difficilmente "etichettabile" in una corrente è quello del contemporaneo
Gustave Doré:

 
 
 
Gustave Doré, Souvenir de Loch Lomond (1875)
 
 
 
Gustave Doré, La siesta (1868)
 
 
 
Gustave Doré, La valle di lacrime (1883)
 

 Gustave Doré (Paul Gustave Louis Cristophe Doré) (Strasburgo, 6 gennaio 1832 – Parigi, 23 gennaio 1883)

Pittore, incisore francese, llustratore di straordinario valore, disegnatore e litografo, famoso soprattutto pre le incisioni che illustrano la Divina Commedia, ma altrettanto prolifico in tutta l'arte figurativa. In pittura, i suoi soggetti preferiti: saltimbanchi e artisti di strada, pitture a carattere religioso e produzione paesaggistica. Infatti quando si accingeva a ritrarre la Natura concedeva ampi spazi al sublime sentire onnipervasivo del Romanticismo di chiara derivazione burkeniana. Mostrandosi sensibile alle opere di Courbet, Alexandre Calame e soprattutto Caspar David Friedrich, Doré è autore di vedute che rendono perfettamente la tensione tra l'uomo e la Natura, resa con uno stupore ammirato e una grandiosità sospesa che meglio esprime la poetica del sublime. Le rappresentazioni paesaggistiche di Doré, in effetti, annientano l'elemento umano e spesso si risolvono in vedute notturne o crepuscolari ricolmate di suggestioni religiose.



* * *

 

Realismi in Europa

in Italia

 

Antonio Rotta, La morte del pulcino (1878)

 

 

 
Antonio Rotta, Il caso senza speranza (1871)

Antonio Rotta (Gorizia, 28 febbraio 1828 – Venezia, 10 settembre 1903) 

Per buona parte, i quadri di Rotta rappresentano situazioni popolari. Forse l'obiettivo è gratificare la neonata borghesia (gli acquirenti dei quadri) mostrando una povertà dalla quale essa si è liberata di recente. 


 

 
Gioacchino Toma, La lettura (1874 circa)

Gioacchino Toma (Galatina, 24 gennaio 1836 – Napoli, 12 gennaio 1891) 


 

 
Nino Costa, Trebbiatura nella campagna Romana (1854)

 

 

 
Nino Costa, Ruderi nella campagna romana (1865)


Giovanni Costa, detto Nino (Roma, 15 ottobre 1826 – Marina di Pisa, 31 gennaio 1903)
Un bravo e non molto conosciuto paesaggista italiano (non completamente) dell'Ottocento. Tra gli altri segnalo:
Antonio Mancini (Roma, 14 novembre 1852 – Roma, 28 dicembre 1930) 
Mosè Bianchi (Monza, 13 ottobre 1840 – Monza, 15 marzo 1904) Tra i realisti viene anche talvolta inserito Giuseppe Pelizza da Volpedo (Volpedo, 28 luglio 1868 – Volpedo, 14 giugno 1907), un fenomeno pittorico così rilevante che ci occuperemo di lui e delle correnti di appartenenza tra qualche capitolo.

 

 

In Germania 

 
Adolph von Menzel, Soggiorno con la sorella dell'artista (1847)
 
Ho scelto questo piccolo quadro di Menzel (ne ha fatti di molto più complessi e ricercati) perché contiene già tanti elementi della pittura più moderna: la pennellata veloce, l'atmosfera degli interni, la presenza di umana come istantanea di un momento di vita reale.

Adolph Menzel (Adolph von Menzel) (Breslavia, 8 dicembre 1815 – Berlino, 9 febbraio 1905) 


 

 
Wilhelm Leibl, L'arcolaio (1892)

Wilhelm Leibl (Wilhelm Maria Hubertus Leibl) - (Colonia, 23 ottobre 1844 – Würzburg, 4 dicembre 1900)

in Belgio

 
Constantin Meunier, Operaia che scende nella miniera (1890)
 
Constantin Meunier (Etterbeek, 12 aprile 1831 – Ixelles, 4 aprile 1905) 
 
 
 
Evert Larock, Atelier (1892)
Un capolavoro di sensibilità cromatica che genera un'atmosfera estremamente vivida ed 
emozionante (effetti collaterali del realismo).


Evert Larock (Paul Charles Everard Larock) (Kapelle-op-den-Bos, 21 maggio 1865 – Kapelle-op-den-Bos, 13 gennaio 1901)





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