I pittori del Realismo sono forse un po’ stanchi delle idealizzazioni, stanno un po’ più “con i piedi per terra” rispetto ai loro predecessori romantici. Sono più animati da tensioni sociali e dal desiderio di giustizia e di verità che da aspirazioni ideali che spingono al sublime. Il termine realismo ricorre di frequente nella storia dell’arte. Pare che ogni tanto l’arte si risvegli da un sogno (in genere succede in concomitanza di innovazioni tecnologiche) e senta l’esigenza di recuperare sincerità. Il termine realismo (che abbiamo già attribuito almeno un po’ alla scuola di Barbizon) comparirà nella storia dell’arte (e non solo) ogni volta che si vuol ritornare ad una osservazione più diretta del mondo rispetto a qualche cosa che ci aveva “distolto”. Per i pittori realisti, e quindi tutto sommato positivisti, cosa ci aveva distolto? Cosa c’era di tanto criminoso nel Romanticismo? La risposta è un po’ complicata, perché non riguarda tanto il risultato, quanto piuttosto il ruolo dell’artista. Ai realisti dà fastidio qualsiasi corrente o movimento che “tradisce” la realtà, se ne distacca o ne vuol fornire visioni stravolte dall’intervento dell’artista. Naturalmente questo implica una domanda filosofica su “cosa sia” quella che noi chiamiamo realtà. Se il nostro "modo di guardare in faccia" la realtà possa essere qualcosa di esterno e neutro, o se invece non faccia parte esso stesso della realtà (e addirittura la "fabbrichi"). E’ una domanda per ora prematura, che l’arte affronterà tra qualche decina d’anni. Per ora, agli artisti realisti, interessa la sincerità del pittore, che riprende il soggetto puro e semplice. Perché la realtà, cioè il mondo come è veramente, diventa interessante per l’arte. Basta allegorie, basta paesaggi o personaggi epici e simbolici! Tutto può essere un buon soggetto, basta guardare il mondo per ciò che è. Se vogliamo parlare di Realismo come movimento o corrente artistica ufficializzata dalla storia dell’arte, dobbiamo riferirci ad un fermento culturale che attraversa l’Europa, e in particolare la Francia, all’incirca dal 1840 al 1880. Troviamo già in precedenza atteggiamenti realistici e “naturalistici”, per esempio nell’Olanda “barocca” del Secolo d’oro, dove lo sguardo degli artisti si focalizza sull'ambientazione, sul carattere dei personaggi, sulle situazioni vere. Il Realismo risponde al Romanticismo tentando di mostrare la realtà sociale senza idealismi, con meno allegorie e una attenzione autentica verso ciò che, di fatto, accade nel mondo. Si suole dire che il realismo ha “negato il sentimento”, ma a mio parere non ci riesce (e forse non vuole). In ogni caso, Courbet afferma che "un oggetto astratto, invisibile, che non esiste, è estraneo all'ambito della pittura". C’è quindi l’evidente intento materialista dei realisti, ma c’è anche un intento politico, che si rafforza negli anni successivi alla rivoluzione del 1848 e che vuole risvegliare l’idea di giustizia sociale in Europa. Secondo il mio punto di vista, i pittori realisti, compresi quelli della Scuola di Barbizon, sono un momento di passaggio veramente significativo tra la pittura antica e quella moderna. Vedremo poi come l’arte e la scienza future dimostrernno quanto quell'obiettivo di una assoluta oggettivazione fosse velleitario, perfino per la fotografia. Ma ciò che conta ovviamente sono gli intenti, le motivazioni che spingono i pittori a fare quello che hanno fatto. E durante il periodo realista cambiano un po’ di cose anche sul piano tecnico: per raccontare la nuova realtà si cercano anche modi nuovi di stendere il colore sulla tela. E’ infatti in questo periodo che si sviluppa una pittura più libera, fatta a pennellate non troppo precise, guidate dal gesto dell’artista che non deve più dimostrare la sua bravura, ma “rendere” la realtà più efficacemente possibile. Gustave Courbet è senza dubbio uno dei grandi protagonisti di questa corrente, ma io preferisco Daumier, che secondo me è anche il più moderno. Poi anche Jean-François Millet e Rosa Bonheur.
La poetica realista esprime l'interesse verso i problemi della società moderna. Lo storico e filosofo Hippolyte Taine invita a «vedere gli uomini nelle loro officine, negli uffici, nei campi, con il loro cielo, la loro terra, le case, gli abiti, le culture, i cibi», mentre lo scrittore Sainte-Beuve afferma: «La triade bello, vero e buono è certo un bel motto, ma inganna, se dovessi scegliermi un motto, sceglierei il vero».
In questo periodo cominciano anche i primi aneliti impressionisti. La parola "realismo" può essere intesa in senso semplicistico come un tentativo di traduzione fedele del mondo reale nella rappresentazione artistica, ma la spiega meglio Courbet quando definisce i suoi ideali artistici in un opuscolo scritto in occasione dell'Esposizione universale di Parigi: “Ho voluto essere capace di rappresentare i costumi, le idee, l'aspetto della mia epoca secondo il mio modo di vedere, fare dell'arte viva, questo è il mio scopo”.
Jean Désiré Gustave Courbet, Le storie di nonna Salvan (Le tre sorelle di Courbet) (1847)
Jean Désiré Gustave Courbet (Ornans, 10 giugno 1819 – La Tour-de-Peilz, 31 dicembre 1877)
Honoré Daumier, L'arringa (1848)
Honoré Daumier (Marsiglia, 1808 – Valmondois, 10 febbraio 1879)
A mio parere il più moderno dei realisti, anticipatore dei macchiaioli toscani, un gusto estremo per la "caricatura" (detto in senso alto e per niente riduttivo) e l’esaltazione dei caratteri con pochi tratti essenziali.
Rosa Bonheur, Berger des Pyrénées donnant du sel à ses moutons (1859)
Rosa Bonheur (Maria Rosalia Bonheur) - (Bordeaux, 16 marzo 1822 – Thomery, 25 maggio 1899)
Henri Fantin-Latour, Vaso di fiori
Ignace Henri Jean Théodore Fantin-Latour (Grenoble, 14 gennaio 1836 – Buré, 25 agosto 1904)
ispirazione da maestri del passato come il Veronese e Rembrandt. Nel 1859 incontra Courbet, nel cui studio lavora per due anni seguenti. E' in fondo un contemporaneo e ammiratore di Édouard Manet, ma rifiuta il modo di fare arte degli impressionisti e sviluppò un suo stile, realismo lirico e intimista, che mette in risalto il carattere costruttivo della composizione.
I suoi soggetti preferiti sono le nature morte, in particolare fiori, ed i ritratti di molti artisti del tempo, di cui era amico.
La sua pittura ha a che fare con la direzione stilistica che prenderà movimento del simbolismo.
Un caso a parte e difficilmente "etichettabile" in una corrente è quello del contemporaneo Gustave Doré:
Gustave Doré (Paul Gustave Louis Cristophe Doré) (Strasburgo, 6 gennaio 1832 – Parigi, 23 gennaio 1883)
Pittore, incisore francese, llustratore di straordinario valore, disegnatore e litografo, famoso soprattutto pre le incisioni che illustrano la Divina Commedia, ma altrettanto prolifico in tutta l'arte figurativa. In pittura, i suoi soggetti preferiti: saltimbanchi e artisti di strada, pitture a carattere religioso e produzione paesaggistica. Infatti quando si accingeva a ritrarre la Natura concedeva ampi spazi al sublime sentire onnipervasivo del Romanticismo di chiara derivazione burkeniana. Mostrandosi sensibile alle opere di Courbet, Alexandre Calame e soprattutto Caspar David Friedrich, Doré è autore di vedute che rendono perfettamente la tensione tra l'uomo e la Natura, resa con uno stupore ammirato e una grandiosità sospesa che meglio esprime la poetica del sublime. Le rappresentazioni paesaggistiche di Doré, in effetti, annientano l'elemento umano e spesso si risolvono in vedute notturne o crepuscolari ricolmate di suggestioni religiose.
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Realismi in Europa
in Italia
Antonio Rotta (Gorizia, 28 febbraio 1828 – Venezia, 10 settembre 1903)
Gioacchino Toma (Galatina, 24 gennaio 1836 – Napoli, 12 gennaio 1891)
In Germania
Adolph Menzel (Adolph von Menzel) (Breslavia, 8 dicembre 1815 – Berlino, 9 febbraio 1905)
Wilhelm Leibl (Wilhelm Maria Hubertus Leibl) - (Colonia, 23 ottobre 1844 – Würzburg, 4 dicembre 1900)
in Belgio
Evert Larock (Paul Charles Everard Larock) (Kapelle-op-den-Bos, 21 maggio 1865 – Kapelle-op-den-Bos, 13 gennaio 1901)
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