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giovedì 29 aprile 2021

Metafisica, un silenzio inquietante

 

Giorgio De Chirico, La torre rossa (part.) (1913)

C’è un quadro di De Chirico che mi piace particolarmente: è “angoscia della partenza”(è nella gallery sotto). Nonostante io abbia vissuto in un’epoca diversa, e condizioni sociali profondamente mutate, quella rappresentazione per me continua a essere viva e riconoscibile. Mi piacciono i dipinti metafisici che ritraggono piazze (rigorosamente "italiane") immerse in atmosfere misteriose e rarefatte, quelle che ispireranno in futuro tanta cinematografia. Mi piacciono molto anche le rappresentazioni oniriche di Savinio, il concedere così tanto spazio all’immaginazione che attinge nell’inconscio, nell’indistinto paradossale, che presentano una realtà trasformata, popolata di presenze indefinibili, o presenti nella scena per motivi oscuri. I fratelli De Chirico da soli sono già quasi la totalità della pittura metafisica, e in ogni caso tra i pochi ad averla frequentata per lunghi anni; gli altri metafisici si sono poi spostati verso altre sensibilità, anche senza abbandonare il sodalizio artistico con i De Chirico. Li vedremo infatti nuovamente insieme nel 1918, impegnati nel riordinare le idee di una pittura ormai dispersa in mille rivoli, molti dei quali sembrano aver perso la strada di casa. Ma per ora siamo agli esordi della Metafisica, un'altra invenzione artistica tutta italiana  che viene a smuovere qualcosa nel nostro inconscio, che ci trasporta nell'anticamera del surrealismo ma che, al contrario del surrealismo, non è paradossale o eclatante. Ha al contrario la sobria discrezione del mistero, il silenzio del sogno e del ricordo onirico. Nei dipinti metafisici tutto contribuisce a traghettarci in una realtà lontana dal quotidiano, dentro scene immobili, senza tempo, in luoghi silenziosi e misteriosi come a volte sono i sogni, in cui lo spazio e il tempo non sono quelli della realtà, ma sono trasfigurati, e noi assistiamo alla scena con un pathos che spesso è privo di emozioni.
La pittura metafisica nasce a Ferrara in particolare nel 1916. La guerra è scoppiata da circa un anno, i presagi e le prospettive funeste sono confermate dagli eventi. Questa pittura sembra proprio voler andarsene via dalla realtà quotidiana (e anche dalla pittura delle avanguardie e dei rumorosi futuristi). Per farlo, ricorre a soggetti classici che attingono all'antichità greca e romana e ad altri momenti storici. La parola metafisica descrive l’area dell'ignoto, la dimensione del mistero che trascende la realtà. Per trascenderla, non la nega, ma la trasfigura, la assembla confusamente come il sogno, accostando oggetti in modo incongruo. Anche la scena è spesso costruita con una prospettiva incongrua, falsata, volutamente alterata, dove “vicino” e “lontano” non sono separabili con facilità. Rare le presenze umane (quando ci sono sono anch'esse pietrificate nella scena), e manca la dimensione del tempo. 



 Giorgio De Chirico, Salita al convento (1908)
 
 

Giorgio De Chirico, Angoscia della partenza (1913)
 
 
Giorgio De Chirico, Le muse inquietanti (1917)

 
 
 

Giorgio De Chirico, Piazza d'Italia (1952)
 

Giorgio De Chirico, Piazza d'Italia (1975)



Giorgio De Chirico,Visione metafisica di New York (1975)




Giorgio de Chirico (Volo, 10 luglio 1888 – Roma, 20 novembre 1978) 

 

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Alberto Savinio, I prigionieri (1931)
 

Alberto Savinio, Il sogno di Achille (1929)
 
 

Alberto Savinio, L'isola dei giocattoli (1930)



Alberto Savinio (Andrea Francesco Alberto de Chirico) (Atene, 25 agosto 1891 – Roma, 5 maggio 1952)

 

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Carlo Carrà, Composizione TA - Natura morta metafisica (1916)
(a metà strada tra Futurismo e Metafisica, con tutta l'inquietudine del momento storico)

 

Carlo Carrà, La musa metafisica (1917)



Carlo Carrà (Carlo Dalmazio Carrà) (Quargnento, 11 febbraio 1881 – Milano, 13 aprile 1966) con un passato futurista, lo ritroveremo successivamente nei movimenti di Ritorno all'ordine degli anni 30, impegnato nella rifondazione dei valori plastici

 

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Giorgio Morandi, Natura morta (1918)
 

Giorgio Morandi, Natura morta (1920)
 
 

Giorgio Morandi, Paesaggio con alberi (1929)
 
 

Giorgio Morandi - paese assonnato, 1936

 


Giorgio Morandi, Paesaggio (1943)


Giorgio Morandi (Bologna, 20 luglio 1890 – Bologna, 18 giugno 1964)


mercoledì 28 aprile 2021

Dadaismo, insofferenza e provocazione

 

Nella primavera del 1916 a Zurigo c'è una strana brezza di disperazione. Il mondo è in fiamme. Nella Svizzera neutrale, pur nella relativa distanza dalle cannonate, la coscienza delle persone è toccata in profondità.  In Germania imperversa la carestia e persino le patate scompaiono dal mercato. La guerra in Europa dura ormai da diciassette mesi: nessuno osa più sperare che la pace sia a portata di mano, e infatti non la è. Gran parte della gioventù è al fronte tra gelo, pidocchi, topi, fame e bombe. Per i civili, restrizioni alimentari e d''ogni altro genere. All'incrocio tra la Münstergasse e la Spiegelgasse, tra le strade più antiche di Zurigo, c'è un locale che si chiama Cabaret Voltaire, dove si riuniscono alcuni giovani artisti e intellettuali dalla sensibilità particolarmente sviluppata e devastati dall'orrore della guerra. Si chiamano Hugo Ball, Emmy Hennings, Tristan Tzara, Hans Arp, Marcel Janco, Richard Huelsenbeck, Sophie Täuber. Al Cabaret Voltaire, parlano sperimentano messe in scena, hanno tante idee. Tra le tante, c'è n'è una in particolare che è destinata a lasciare un solco, per non dire uno spartiacque,  nella storia dell’arte.  Definirla è già difficile: è tentativo completamente polemico e paradossale di smascherare il mondo dalle sue sovrastrutture, di usare l'azione artistica (o anti-artistica) come metalinguaggio e come strumento di provocazione.
 
Tristan Tzara (Samuel Rosenstock) (Moinești, 16 aprile 1896 – Parigi, 25 dicembre 1963) 
insieme a Ball è il grande regista del dadaismo, verrebbe da dire il suo coordinatore. Poeta e saggista rumeno di lingua francese e romena. Di origine ebraica, vive per la maggior parte della sua vita in Francia.
 
Il 14 luglio 1916 al Voltaire, Ball enuncia il manifesto Dada (che Tzara cambierà e aggiusterà nel 1918). Tzara e Hugo Ball hanno 22 anni, Hans Arp ne ha solo 21 ma è già un veterano delle avanguardie: ha già partecipato con Vasilij Kandinskij alla nascita del gruppo Der Blaue Reiter e alla rivista espressionista Der Sturm. Stando a quello che dichiara Tzara, per comprendere come è nato Dada è necessario immaginarsi, da una parte, lo stato d'animo di un gruppo di giovani in quella prigione che era la Svizzera all'epoca della prima guerra mondiale e, dall'altra, il livello intellettuale dell'arte e della letteratura a quel tempo. In primo piano il disgusto e la rivolta per la situazione che stavano vivendo, il totale e assoluto rifiuto  della guerra, senza voler cadere nelle facili pieghe del pacifismo utopistico. Il loro disgusto si applica a tutte le forme della civilizzazione cosiddetta moderna, alle sue stesse basi, alla logica, al linguaggio, e la rivolta assume dei modi in cui il grottesco e l'assurdo superano di gran lunga i valori estetici. Tzara sostiene che il cattivo gusto con pretese di elevatezza sia presente in tutti i settori dell'arte, caratterizzando la forza della borghesia in tutto ciò che essa ha di più odioso.
 
 
Una foto del Cabaret Voltaire e una foto di gruppo del 1920: Da sinistra, dietro: Louis Aragon, Theodore Fraenkel, Paul Eluard, Clément Pansaers, (Emmanuel Faÿ è stato tagliato). Seconda fila: Paul Dermée, Philippe Soupault, Georges Ribemont-Dessaignes. In primo piano:
 Tristan Tzara (con monocolo), Celine Arnauld, Francis Picabia, André Breton. Sopra, una riproduzione del Manifesto Dadaista nella versione parigina del 1918-19.
 

Dopo la fine della guerra i dadaisti tornano in patria, a Berlino, a Colonia (dove Hans Arp incontra Max Ernst) e ad Hannover, ma poi sono costretti ad espatriare in Francia con l’arrivo del Nazismo. Tra le curiosità e le incongruenze legate al Dadaismo c’è il suo aggancio italiano con il futurismo di Marinetti e soprattutto con l’unico presunto artista dadaista italiano: il poliedrico filosofo-esoterista Julius Evola, che idolatrava il Nazismo ed era profondamente impegnato nella difesa della razza ariana. Non riesco proprio a comprendere questa paradossale connessione tra Tzara e il nazifascismo di Evola, ma il Dadaismo può contenere al suo interno ogni sorta di assurdità.

Qui ci tocca affrontare un momento veramente cruciale nella storia dell’arte. Il momento dadaista ha, come si suol dire, una portata “epocale” e costituisce un vero punto di svolta nel nostro lungo nastro dell’espressione artistica. Partiamo subito con una provocazione: il fatto che Duchamp nel 1913 abbia messo lì il suo famoso orinatoio, ha legittimato, da allora in poi, centinaia di artisti a riempire le gallerie di stracci, di oggetti presi in giro, di ciarpame di ogni tipo, presentando tutte queste scelta anche con onorevolissime motivazioni, e definendole “arte”. Il che, naturalmente, non significa che non lo siano, ma dobbiamo ammettere che dopo Duchamp l’arte (non tutta l’arte) si è definitivamente liberata dall’idea del “saper fare” e perfino dall’idea di “fare”. Duchamp diceva: “non l’ho fatto, l’ho scelto”, e in questo per lui consisteva forse, ma solo forse, l’ipotesi di un gesto artistico.
Di fatto molti si dimenticano infatti che Duchamp aveva definito le sue opere successive al 1913 “anti-arte”. Non so avesse, in quei momenti, idea del successo e dell’influenza che avrebbe avuto sulla posterità. Sta di fatto che, da allora, abbiamo assistito a una lunga catena di successori, spesso solo dei velleitari idioti, affrancati alla sua idea di sostituire la “pittura pittura” con la “pittura idea”. Tutto lascia supporre che, come molti altri artisti, anche Duchamp voglia mettere in campo anche una sua provocazione, una critica feroce e sarcastica a tutti gli altri artisti. Sta di fatto che il “ready made”, l’assemblaggio di roba varia e l’arte concettuale si concretizzano proprio in questo momento, con il grande merito di aprire le porte dell’arte anche a chi non na nessuna delle caratteristiche che fino al 1913 hanno caratterizzato gli artisti. La decontestualizzazione, l’isolamento di oggetti d’uso quotidiano privati della loro funzione e sottoposti al pubblico è un gesto altamente simbolico, su questo non c’è dubbio. Sulle motivazioni del gesto sono state scritte centinaia di pagine. Eppure ancora oggi qualcuno torna a dire che sostanzialmente il re era nudo, e che il tutto era, se non abberrante e tragico come sostengono alcuni, quantomeno ironico e provocatorio e da guardare senza eccessiva attenzione. Credo che i dadaisti se ne sarebbero fregati dei giudizi negativi, per non dire che ne sarebbero stati addirittura contenti, come se la missione fosse compiuta. I Dadaisti intendono perfino autodistruggersi, negare loro stessi, e la prova è nel fatto che non c’è niente di narcisistico nel loro esporre le opere, la cui autorità (o autorevolezza) è spesso nascosta con pseudonimi e mistificazioni di ogni tipo. Come abbiamo detto già, per sua stessa dichiarazione il dadaismo non è arte ma anti-arte. Vuole combattere l'arte con l'arte. Ogni cosa sostenuta dall'arte trova nel dadaismo l’esatto l'opposto. Tentano addirittura di fare arte senza alcun messaggio, anche se poi, alla fine, molti l’hanno apprezzata e ammirata e altri si sono sentiti offesi.
 Quindi il movimento dadaista nasce a Zurigo e prende corpo tra il 1916 e il 1920. Non risparmia niente: le arti visive, la letteratura, il teatro, la danza, la grafica, sempre mettendo in dubbio e sconvolgendo tutte le idee dominanti dell'epoca: dall'estetica alla politica. Dada si oppone alla logica con la stravaganza, la presa in giro e l'umorismo.
Attraverso questo rifiuto totale i dadaisti ammettono appunto di voler distruggere anche loro stessi, ma il dadaismo è stato invece il fondamento di una proliferazione enorme di vera o presunta arte moderna e contemporanea. Per il dadaismo infatti transitano diverse personalità che troveremo anche più avanti, inseriti in nuove correnti.

PS: per mostrare le opere più caratteristiche dei dadaisti dobbiamo fare un'altra deroga alla nostra promessa, che è quella di occuparci solo di pittura, cioè di arte bi-dimensionale. E' una deroga che da qui in avanti sarà necessario rievocare in quanto molta arte successiva tenderà a mettere in discussione proprio l'idea stessa di "dipinto" o di "quadro".



Marcel Duchamp, Le Passage de la Vierge à la Mariée (1912)

Marcel Duchamp, Ruota di bicicletta (1913)
 
 
Marcel Duchamp, Fontaine (1917)
 
la celeberrima opera ready-made realizzata da Duchamp nel 1917 e firmata R. Mutt. Non è mai stata esposta al pubblico e la sua versione originale è andata perduta, dunque ciò che vediamo sono "copie". Ma non c'è da strapparsi i capelli: copia o orginale (orinale) poco importa. E' ritenuta da molti una delle maggiori opere d'arte del XX secolo ed un emblema del combiamento del paradigma artistico. Se questo è vero, ci costringe, da qui in avanti, a spostare la nostra attenzione e la nostra valutazione dall'opera al meggaggio, dal dipinto alla situazione, dal "quadro" al contesto e e dall'osservazione alle relazioni. 
Per le avanguardie, niente sarà più come prima. E' come Chernobyl.
 
 
 
 
Marcel Duchamp, La Mariée (1934)



Marcel Duchamp (Blainville-Crevon, 28 luglio 1887 – Neuilly-sur-Seine, 2 ottobre 1968)

E’ un pittore, scultore e scacchista francese naturalizzato statunitense nel 1955. Dadaista, cubista, surrealista masoprattutto antesignano dell'arte concettuale, Marcel Duchamp definisce il futurismo come un “impressionismo del mondo meccanico”. A lui interessa ben altro, vuole allontanarsi dal suo lato fisico della pittura. Gli interessano le idee, non tanto i prodotti visivi in se stessi. Vuole riportare la pittura al servizio della mente e sottrarla al “fascino sensuale”. Dice che la pittura non dovrebbe essere solamente retinica o visiva, deve aver a che fare con la comprensione e disinteressarsi al piacere estetico.
Le sue opere, spesso intese come semplici gesti iconoclasti, sono comunque tra gli oggetti più famosi dell'arte moderna. Per Duchamp ciò che conta è l'operazione di scelta, o più propriamente di individuazione, di acquisizione e di estrapolazione dell'oggetto.

Hans Jean Arp, Senza titolo (Gravures sur bois) (1920)


Hans Jean Arp (Strasburgo, 16 settembre 1887 – Basilea, 7 giugno 1966)

 

 

Max Ernst, senza titolo (1920)



Max Ernst, L'usignolo cinese (1920)



Max Ernst, Figure ambigue (1919)


Max Ernst (Brühl, 2 aprile 1891 – Parigi, 1º aprile 1976) 

Francis Picabia, L'Oeil cacodylate (1921)

Francis Picabia, Parata amorosa (1917)

Francis Picabia, Carnevale (1927)

Francis Picabia, Idillio (1927)
 
 

Francis Picabia, Jumelle (1922)
 
 

Francis Picabia, Balance (1919)


Francis Picabia, Processione, Siviglia (1912)


Francis Picabia, Pompa di Benzina stilizzata (1922)


Francis Picabia (Parigi, 22 gennaio 1879 – Parigi, 30 novembre 1953) 
 

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Kurt Schwitters, Mz 94. Grünfleck (Merzgurnfleck) (1920)
 
 
 
Kurt Schwitters, Mz 169. Formen im Raum (1920)



Kurt Schwitters (Hannover, 20 giugno 1887 – Kendal, 8 gennaio 1948) 

 

 

 

 

Raoul Hausmann, Conquiste dadaiste (1920)
 

Raoul Hausmann, Dada Cino (1920)


Raoul Hausmann (Vienna, 12 luglio 1886 – Limoges, 1 febbraio 1971)






Man Ray,  Legend (1916)


Man Ray, Cadeau (1921)
 
 
Man Ray (Emmanuel Radnitzky) (Filadelfia, 27 agosto 1890 – Parigi, 18 novembre 1976)
pittore, fotografo e regista statunitense.

Hannah Höch, Equilibre (1925)


Hannah Höch, Analisi soggettiva (1926)


Hannah Höch, Collage n. 20 (1920)


Hannah Höch (Anna Therese Johanne Höch) (Gotha, 1º novembre 1889 – Berlino Ovest, 31 maggio 1978),attiva nel movimento Dada berlinese



martedì 27 aprile 2021

Il Modernismo americano, un'identità per il Nuovo Mondo

Georgia O'Keeffe, From the Lake (1924)

 Abbiamo visto (e vedremo anche successivamente) come l'Europa agli inizi del Novecento sia una vera e propria officina culturale dove l'arte si propaga nei vari -ismi , che nascono in continuazione (Futurismo, cubismo, astrattismo, raggismo, vorticismo, costruttivismo, suprematismo, dadaismo) come tanti strumenti diversi che suonano un'unica grande sinfonia funebre per l'arte figurativa così come si era praticata fino all'Ottocento. La filosofia e la realtà sociale hanno posto nuove domande alla specie umana, le criticità moderne cominciano ad emergere, e l'arte come semplice strumento di racconto o di esaltazione della realtà non basta più a una classe intellettuale inquieta, che ha come un presentimento dei drammi novecenteschi di cui la Grande Guerra è solo l'inizio.  

Ma cosa succede negli Stati Uniti? Abbiamo visto nei capitoli precedenti che l'America ha sviluppato una vita culturale sua propria, che anche se nasce sempre sull'onda di un epicentro europeo, nell'Ottocento ha sviluppato una sua identità ed anche una sua narrativa. In ogni caso, rispetto alle grandi capitali europee (Parigi, Roma, Mosca, Vienna, Berlino) è ancora - di fatto - una "provincia". Deve recuperare un deficit culturale rispetto alle avanguardie europee. Inizia così un movimento di “importazione” di idee e concetti che danno vita a una nuova stagione dell’arte americana. L’inizio della pittura modernista americana può essere datata intorno al 1910. Il termine "modernismo" con cui si definiscono le nuove tendenze dell'arte americana della prima metà del Novecento  ha una contiguità con il termine "Modernismo" che i nostri storici dell'arte usano per definire quel fermento culturale-estetico che comincia con il Liberty ee l'Art Nouveau. Comunque, più in generale, si usa in modo generico questo termine per definire tutto il movimento filosofico-estetico che, in linea con i cambiamenti culturali del suo tempo, nasce dalle enormi trasformazioni della società occidentale tra Ottocento e Novecento. Dunque, anche il Modernismo Americano si colloca nell'ondata di arrivo del moderno, che negli Stati uniti assume una sua identità:  non è un vero e proprio movimento uniforme, ma coinvolge diverse forme espressive. La prima parte del Modernismo dura 25 anni e si conclude intorno al 1935, quando l'arte moderna entra in ciò che Greenberg chiama avanguardia.
il Modernismo ha il merito di portare la modernità al grande pubblico e di emancipare l’americano medio verso le nuove forme artistiche del Novecento. Le arti visive hanno contribuito enormemente alla coscienza di sé e alla consapevolezza del popolo americano. La nuova pittura modernista accende una luce sugli stati emotivi e psichici del pubblico; un'azione fondamentale per la formazione di un'identità americana e per dare uno sbocco moderno alla narrativa nazionale, che avevano saputo costruire così bene all'Ashcan School e nel gruppo The Eight.
La prima metà del XX secolo in America rimane comunque per gran parte segnata dall'esplorazione della nuova espressività artistica nascente in Europa. Molti artisti americani come Wilhelmina Weber, Man Ray, Patrick Henry Bruce, Gerald Murphy vanno in Europa, in particolare a Parigi. Su queste esperienze nascono interessanti tendenze americane, alcune più inclini all’astrattismo, altre legate a rappresentazioni rarefatte dei nuovi scenari americani che sfoceranno nel Precisionismo (che vedremo in un capitolo successivo). Ad aprire questo passaggio verso rappresentazioni più moderne, c'è la mediazione di Alfred Henry Maurer (anch'egli con esperienze europee) che comprende benissimo la lezione formale con cui abbandonare le visioni ottocentesche.

 

Alfred Henry Maurer, Café in Paris (1901)
 

Alfred Henry Maurer, Cafe-garden in Paris (1901)


Alfred Henry Maurer, Boats at Wooden Pier (1904)
 
Alfred Henry Maurer (21 aprile 1868, New York - 4 agosto 1932, New York)


Abraham Walkowitz, Pic nic (1909)

Abraham Walkowitz, The Park (1915)

Abraham Walkowitz, Bathers (1910)
 
Abraham Walkowitz, NYC (1932?)
 
Abraham Walkowitz (Tyumen (Rus), March 28, 1878 - New York, January 27, 1965) 


Arthur Beecher Carles, Landscape (1921) 

Arthur Beecher Carles (9 marzo 1882, Filadelfia, - 1952, Chestnut Hill)
 
 

Arthur Dove, Sails (1911-12)

         Arthur Dove  (vedi il  capitolo sul Precisionismo che uscirà prossimamente)

John Marin, Brooklyn Bridge (1912)

John Marin (Rutherford, 23 dicembre 1870 – Addison, 1 ottobre 1953)
 

File:Patrick Henry Bruce - Composition VI - Google Art Project.jpg
 
 Patrick Henry Bruce, Composition VI (1916)
 
 
Patrick Henry Bruce (Campbell County, March 25, 1881 – NY, November 12, 1936)
 
 
 
 

Oscar Bluemner, Morning Light, Dover Hills (1916)
 
 
 Oscar Bluemner, Last Journey (1927)
 
 
 Oscar Bluemner, A Situation in Yellow (1933)
 
Oscar Bluemner (Friedrich Julius Oskar Blümner) (Prenzlau, GER, 21 giugno 1867 - 12 gennaio1938 South Braintree) 
è l'artista che "inaugura" l'era del modernismo alla Scuola di New York.

 
Georgia O'Keeffe, Nature Forms-Gaspé (1932)  
 
  Georgia O'Keeffe  (vedi precisionismo)
conosciuta come la "Madre del modernismo americano", figura importante nel panorama americano dal 1920. Ha ricevuto il riconoscimento diffuso per la sua sfida alle tendenze.E' principalmente conosciuta per la pittura di fiori, rocce, conchiglie, ossa di animali e paesaggi in cui ha sintetizzato astrazione e figurazione. 
 
 
 
 
 
 
Aaron Douglas, Crucifixion (1927)

 
 

 Aaron Douglas, From slavery through reconstruction (1934)
 
 
 
 Aaron Douglas, The Negro in an African Setting (1934)
 
 
Aaron Douglas (26 maggio 1899 – Febbraio 2, 1979)
 Pittore afro-americano, è uno dei più noti e più influenti pittori modernisti afro-americani. Le sue opere hanno contribuito fortemente allo sviluppo di un movimento estetico legato alle caratteristiche della cultura afro-americana patrimonio e della cultura. The Crucifixion, uno dei dipinti più noti di Douglas, è diventato un'icona della condizione afroamericana. 
 
 
 
 
Stuart Davis, L'albero e l'urna (1921)
 

   

Stuart Davis, New York Waterfront (1938)

Stuart Davis (Filadelfia, 7 dicembre 1892 – New York, 24 giugno 1964)   
un notevole personaggio artistico che vale la pena di abbozzare:  figlio di artisti, suo padre era art director del "Philadelphia Press" e sua madre era scultrice, studia a New York con Robert Henri, fondatore del gruppo "The Eight", restando nell'ambito del realismo classico, ma nel 1913 espone 5 acquarelli a una contestata mostra dell' Armory Show nella quale ci sono anche opere di Van Gogh, Picasso, Matisse e Marcel Duchamp. Ama soggetti delle immagini e temi tipicamente statunitensi; vive a Gloucester, nel Massachusetts, poi all'Avana e poi nel Nuovo Messico. Aderisce alle espressioni e alle tecniche pittoriche del suo tempo, fauvismo e il cubismo, di cui spesso realizza una personalissima sintesi: un "fauve" per gli aspetti cromatici delle sue opere e un "cubista" per quelli relativi alle forme e al disegno. Per questo viene considerato come uno dei maggiori rappresentanti del cubismo americano,un nesso tra le avanguardie statunitensi prima e dopo la seconda guerra mondiale. Nel 1928 è a Parigi e nel 1930 si impegna politicament, con l'obiettivo di « riconciliare l'arte astratta con il Marxismo e la moderna società industriale. La sua rappresentazione di oggetti semplici legati al vivere quotidiano,(fin dal 1927), fanno di lui un precursore della Pop Art.
 

  

Max Weber, New York (1948)


Max Weber (Białystok, 18 aprile 1881 – Great Neck, 4 ottobre 1961)

Quando il fenomeno modernista arriva in un grande paese come l'America  produce molteplici risonanze; per chi fosse interessato alle strade americane, consiglio di curiosare tra le opere di Marsden Hartley,   Charles Demuth  e Stuart Davis  (che incontreremo prossimamente nel Precisionismo), ed inoltre:

Andrew Dasburg (Andrew Michael Dasburg) (Parigi, 4 Maggio 1887 – Taos, 13 Agosto 1979)
Charles Burchfield (Ashtabula, April 9, 1893 – West Seneca NY, January 10, 1967)
James Daugherty 1 giugno 1889, Asheville - 21 febbraio 1974, Weston
John Covert 1882, Pittsburgh, - 1960, New York
Henrietta Shore 22 gennaio 1880, Toronto - 1963, San Jose
William Zorach 28 febbraio 1887, Jurbarkas, Lituania - 15 novembre 1966, Bath
Marguerite Thompson (Zorach) 25 settembre 1887, Santa Rosa - 27 giugno 1968, Brooklyn,
Manierre Dawson 22 dicembre 1887, Chicago - 15 agosto 1969, Sarasota
Arnold Friedman 23 febbraio 1879, Corona, - febbraio 1946, Corona
Beauford Delaney (December 30, 1901 – March 26, 1979)
Charles Henry Alston (November 28, 1907 – April 27, 1977)
Jacob Lawrence (September 7, 1917 – June 9, 2000)
Romare Bearden (Charlotte, 2 settembre 1911 – New York, 12 marzo 1988)


Sincromismo
E' un movimento pittorico astratto o semiastratto, fondato nel 1912 da Stanton Macdonald-Wright e Morgan Russell, due artisti americani che vivono a Parigi. Il movimento comunque ha i suoi sviluppi negli USA. Si colloca  all'interno delle imprese moderniste americane con una sua specifica attenzione all'uso del colore, vicina alle contemporanee esperienze elaborate da Delaunay e F. Kupka. La pittura sincromista si fonda su accordi cromatici, ossia sulla sincromia (synchromy), neologismo coniato (in analogia con il termine sinfonia) da Russel. Le loro sincromie, basate su un approccio alla pittura che ha percorso numerosi collegamenti tra il colore e la musica, sono tra i primi dipinti astratti nell'arte americana. IL termine "syncromy" viene spesso usato per come titolo per le opere.


 
Stanton Macdonald-Wright, Au café (1918)

 
Stanton MacDonald-Wright (Charlottesville, 8 luglio 1890 – Pacific Palisades, 22 agosto 1973) 

 

 
Morgan Russell, Homage to Rodin (1910)
 

Morgan Russell, Synchromy (1914)

Morgan Russel (New York, 25 gennaio 1886 – Broomal, 29 maggio 1953)