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mercoledì 31 marzo 2021

Cubismo, punti di vista

Ci sono momenti nell'arte che io preferisco al Cubismo. Lo trovo artificioso, poco coinvolgente. Anche se ha espressioni molto interessanti dal punto di vista visivo, quando guardo un quadro cubista finisco sempre per perdermi nel suo tecnicismo rappresentativo. Ma il mio parere conta poco, perché il cubismo è una pietra miliare nella storia dell’arte moderna, e anche se a differenza di altri movimenti resta abbastanza connotato, troverà una evoluzione nella prospettiva dell’arte informale. 

Ma perché nasce il Cubismo? Cosa diavolo sarà mai passato per la testa di Braque e Picasso per "ri"cominciare a disegnare per linee essenziali e a "confondere" viste di fronte, viste di profilo, viste da sotto e da sopra? Sarà che il modo di pensare dell'epoca sta diventando più multiforme, sarà che le visioni univoche sembrano ormai poco adatte a rappresentare la complessa realtà... il cubismo potrebbe essere la traduzione artistica di questa esigenza: una visione simultanea da molti punti di vista.

Ma forse è anche la ricerca di una "ipervisione". Cioè di un modo di guardare che non tenga conto dei dettagli ma delle forme essenziali che costituiscono la figurazione. D'altra parte tutto ciò è anche parte di una formazione artistica: chiunque abbia fatto un po' di pittura dal vero di impostazione accademica sa bene che durante il disegno c'è un punto cui la figura è abbozzata nelle sue linee essenziali, che aiutano a stabilire le inclinazioni degli oggetti. Quindi c'è un momento nella stesura di un disegno in cui diventiamo tutti un po' "cubisti" per necessità. Da queste linee essenziali il Cubismo mette in campo una fenomenale capacità di sintetizzare, con una impronta che è in parte razionalista ma che invece in altri casi è il recupero di forme primitive e quindi è sensuale e perfino spirituale. 

Si diceva prima delle evoluzioni del cubismo nell'arte astratta. Questo vale per l’aspetto esteriore, perché mentre l’arte informale rifiuta la rappresentazione, il cubismo appare invece come un eccesso rappresentativo. Tutto comincia con Cézanne, nelle sue solitarie sperimentazioni che prefigurano lo stile, la visione e le tematiche dei cubisti. Siamo quasi certi che Cézanne puntasse ad una semplificazione della visione, trovando nella geometrizzazione delle forme una sorta di astrazione dalla realtà al suo principio costitutivo. Comunque, partendo dalle forme semplificate di Cézanne e dall'espressività delle maschere africane si comincia a lavorare sulla scomposizione della figuratività (abbiamo già visto nelle sperimentazioni espressioniste come sia in atto una vera destrutturazione della tecnica pittorica) si arriva alla scomposizione dell'oggetto, abbandonando (ma forse sarebbe meglio dire stravolgendo) completamente la visione prospettica e naturalistica. Certamente c’è un tentativo di oggettivazione, di arrivare a una sintesi della visione trattenendo solo "ciò che conta veramente"; questo passa anche attraverso il tentativo di eliminare il singolo “punto di vista” per produrre una visione multipla, che senmbra quasi sostituirsi alla scultura mettendo su un piano bidimensionale la molteplicità di aspetti insito in ogni cosa.

 




Paul Cézanne (Aix-en-Provence, 19 gennaio 1839 – Aix-en-Provence, 22 ottobre 1906)

L’espressione “cubismo” definisce una corrente artistica riconoscibile, i cui caratteri sono ben definiti, distinti e riconoscibili rispetto a molte altre correnti e movimenti. Ma il cubismo non ha un vero un fondatore e non ha una direzione unitaria. Il termine "cubismo" è un po’ riduttivo e non perfettamente descrittivo degli intenti di questa corrente. A Matisse non piaceva e per fortuna non si lasciò sedurre da questa tecnica descrittiva che a me continua ad apparire come una forzatura intellettuale, le cui ragioni sono prettamente teoriche. Louis Vauxcelles  le chiama "bizzarrie cubiste”, assegnando, anche in questo caso, una connotazione negativa che poi diventa emblematica ed accettata dai suoi interpreti.
I primi cubisti sono considerati Georges Braque e Pablo Picasso, : entrambi crearono opere di analoga ispirazione durante il 1907. Nello stesso anno Braque visita la retrospettiva su Paul Cézanne presentata in occasione del Salon d'automne e conosce Picasso, che sta lavorando al quadro Les Demoiselles d'Avignon. Nel 1911 i due pittori lavorano insieme realizzando opere molto simili. Si tratta di figure femminili (Ma jolie e La portoghese) così frammentate e  geometrizzate da puntare già il dito verso l’astrazione.



Cubismo orfico 1910
Penso che l’origine del cubismo orfico si possa trovare nei quadri di Cézanne. Secondo me il cubismo orfico contiene qualcosa di vitale che nel cubismo in genere e nel cubismo sintetico non si trova. Infatti, dal punto di vista dell’influenza sul futuro, questa corrente sembra ispirare tante strade successive (a cominciare da quella di Kandinskij) mentre il cubismo sintetico sembra più un vicolo cieco. Lo dice anche Edward Lucie-Smith.  Fu Guillaume Apollinaire a scegliere il nome “cubismo orfico” per definire il gruppo di artisti della cosiddetta Section d'Or. Nel gruppo c’era anche Marcel Duchamp, e, inoltre, Roger de La Fresnaye, Fernand Léger, Marie Laurencin. Questa compagnia aveva l'obiettivo di rappresentare dei quadri che avessero rigorosi rapporti geometrici tenendo comunque conto della vitalità del colore presente in essi. Section d'Or fu anche il titolo della rivista che crearono e del Salon col quale esordirono a Parigi nel 1912.
Questi artisti erano soliti riunirsi nella casa parigina di Jacques Duchamp, sita nel sobborgo di Puteaux. Tutti avevano sviluppato una visione del cubismo diversa da quella del cosiddetto gruppo di Montmartre (rappresentato principalmente da Picasso e Braque): le composizioni incominciarono ad essere completamente create dal pittore e non tratte dalla realtà, il colore tornò parte essenziale del dipinto, non più finalizzato alla mera scomposizione dei volumi.
František Kupka (Opočno, 23 settembre 1871 – Puteaux, 24 giugno 1957)  pittore ceco, fu uno dei maggiori esponenti della pittura astratta e dell'orfismo. 

 

 

 

 

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 Robert Delaunay, Les Champs de Mars, La Tour Rouge

 


Robert Delaunay (Robert-Victor-Felix Delaunay) (Parigi, 12 aprile 1885 – Montpellier, 25 ottobre 1941) 
dal post-impressionismo al cubismo
 
 
 
 

Sonia Delaunay, La cantante di flamenco (1915)
 
 
Sonia Delaunay (Sonia Terk Delaunay o Sonja Terk)(Odessa, 14 novembre 1885 – Parigi, 5 dicembre 1979)
Jacques Villon (Gaston Duchamp) (Damville, Eure, 1875 - Puteaux, Parigi, 1963)
 
 
 
Cubismo sintetico 1912

la terza parte del movimento cubista viene comunemente fatta risalire al 1912, anno in cui Picasso dipinge la famosa Natura morta con sedia. A caratterizzare questa fase sono composizioni di oggetti e visioni polioculari dello stesso oggetto. Spesso la scomposizione avviene fisicamente, incollando diverse pitture nello stesso quadro, come fa Picasso nella “natura morta con sedia” del 1912, dove dipinge separatamente la seduta e poi lo incolla sul quadro. La stessa tecnica è utilizzata da Braque nel suo “Piatto di frutta con bicchiere”. Tra le tecniche preferite dai cubisti sintetici, oltre al collage, figura anche il lettering e l'utilizzo di carta stampata.



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 Fernand Léger, Ritratto di donna in rosso e verde (1914)

 

 

Fernand Léger (Joseph Fernand Henri Léger) (Argentan, 4 febbraio 1881 – Gif-sur-Yvette, 17 agosto 1955)



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Pablo Picasso,  Ritratto di Ambroise Vollard  (1909-1910)


Pablo Picasso, Les demoiselles d'Avignon (1907)

Pablo Picasso, Amicizia (1908)

Pablo Picasso, Ragazza con il mandolino (1910)

 

Pablo Picasso, Les femmes d'Alger (1954-55)
 

 
Pablo Picasso (Pablo Ruiz y Picasso) (Malaga, 25 ottobre 1881 – Mougins, 8 aprile 1973)

 

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Georges Braque, Viadotto a l'Estaque (1908)   
Qui il legame con Cézanne è abbastanza evidente 

Georges Braque, Il porto (1909) 


 
Georges Braque, Natura morta (1942)

 

Georges Braque (Argenteuil, 13 maggio 1882 – Parigi, 31 agosto 1963) 

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Juan Gris, Clown (1919)

 

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 Juan Gris, Ritratto della madre (1912)

 


Juan Gris (José Victoriano González) (Madrid, 23 marzo 1887 – Boulogne-sur-Seine, 11 maggio 1927)



 

 


Torsten Jovinge, Il ballatoio (1917)
 
 
 
 

 Torsten Jovinge, Outside the Central Palace (1933)
 


Torsten Jovinge, (Per Torsten Jovinge)  (Stoccolma 17 luglio 1898 - Siviglia 20 luglio 1936 )
Sotto l'influenza di Le Corbusier, realizza dipinti e disegni di architettura Jovinge ispirate al purismo e al funzionalismo con una riduzione della visione in forme geometriche pure e colori precisi.



sabato 27 marzo 2021

Belve, Ponti e Cavalieri Azzurri

L’espressionismo più che una vera e propria corrente artistica è un modo di sentire e un modo di fare arte. La nuova percezione, non più “visiva” ma direi “psicologica” defluisce fin dai suoi inizi in strade diverse, evidenziando le diverse sensibilità che emergono in Francia e in Germania. Certo è che questo coinvolgimento della sfera interiore e dell’inconscio è destinato ad aprire una lunga traccia che arriverà fino ai giorni nostri seppure, periodicamente, molte correnti si sono opposte a questo flusso che dall’interiorità si proietta sul dipinto e sono andate alla ricerca di qualche forma di oggettivazione e della sottrazione di ogni "filtro" messo dall'artista. Qui invece direi che il filtro è tutto: l'arte è il filtro di ciò che l'artista respira. A segnare profondamente la storia espressionista ci sono tre gruppi, ognuno dei quali contribuisce in modo sostanziale alla vicenda espressionista ed anche a influenzare molte esperienze future.


Fauves
 
Fauves presentano le loro opere al Salon d'Automne di Parigi nel 1905. Il critico Louis Vauxcelles tira fuori la definizione di “belve”, considerando le loro tele opere di autentici selvaggi, per il loro modo aggressivo e "senza mediazioni" di usare il colore. Il termine Fauves definisce un gruppo di pittori, per lo più francesi, che all’inizio del Novecento danno vita ad un’esperienza di breve durata, ma destinata a lasciare un segno indelebile e ad aprire veramente le porte al Novecento e alle sue evoluzioni che porteranno l'arte fino alle sue "estreme conseguenze". La corrente espressionista del fauvismo parte all'interno della tradizione impressionista francese, alla fine del XIX secolo ma accoglie gli accenti romantici e nordici di van Gogh e di Munch.
La pittura dei Fauves partecipa alla più larga problematica dell'espressionismo europeo, influenzando principalmente l’espressionismo tedesco che ne riprende i temi principali (esaltazione della forza dell'arte primitiva, libertà dell'artista da vecchie convenzioni e da formalismi obsoleti). La breve durata del movimento (1905-1908 circa) è dovuta non solo alla mancanza di un programma ben preciso ma anche all'esaltazione della "pittura pura" e del "colore esplosivo" che dovevano da soli creare la forma e divenire realtà: paradossalmente, all'eccesso dei fauves segue il successo del cubismo visto come desiderio della forma e di una organizzazione maggiore che ponga un freno all'assoluta libertà del colore.
 
 
 
 



Henri Matisse, Vista di Collioure (1906)



Henri Matisse, Les Jardins du Luxembourg (1905)
 
 
 

Henri Matisse, Les Jardins du Luxembourg (1901)

Henri Matisse, La finestra blu (1912)

Henri Matisse, La stanza rossa (1908)


Henri Matisse, Odalisca con vassoio


Henri Matisse, Interno con vaso etrusco (1940 c.)

Henri Matisse. Odalisca con sedia turca (1928)

Henri Matisse, Lo studio rosa (1910)

Henri Matisse, Odalisca (1927)





Henri Émile Benoît Matisse (Le Cateau-Cambrésis, 31 dicembre 1869 – Nizza, 3 novembre 1954)
Penso che Matisse sia uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Come tutti i geni, è difficile incasellarlo in una specifica corrente o in un movimento.  Lo troviamo infatti presente qua e là in molti fermenti artistici del primo Novecento, e poi anche come ispiratore o stimolo per correnti future. Nonostante sia spesso citato come uno dei padri nobili del fauvismo, a me non sembra che Matisse sia particolarmente fauve. Ha ben poco della “belva” e i suoi quadri, nonostante l’uso coraggioso di colori intensi, non sembrano caratterizzato dal furore fauvista. Al contrario, trasmettono atmosfere calme, a volte quasi pacificate, e comunque sempre più interessate all’aspetto della composizione e dell’equilibrio che all’inquietudine violenta ed espressionista dei fauve.
 
 
 
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André Derain, Il Big Ben a Londra (1906)


André Derain,  Route-tournante-à-LEstaque (1906)
 
 
André Derain, Paesaggio vicino a Chatou (1904)

André Derain (Chatou, 10 giugno 1880 – Garches, 8 settembre 1954)
 
 
 
 
 
 
 
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 Maurice de Vlaminck, The Dancer at Rat Mort (1906)
 
 
 
 
Maurice de Vlaminck (Parigi, 4 aprile 1876 – Rueil-la-Gadelière, 10 ottobre 1958)
Henry Manguin (Henri Charles Manguin) (Parigi, 1874 – Saint-Tropez, 25 settembre 1949)
Charles Camoin (Marsiglia, 23 settembre 1879 – Parigi, 20 maggio 1965)

Altri pittori vicini alla poetica Fauves, anche se non espressamente collocati nella corrente:
 
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Alexis Mérodack-Jeanneau, L'écuière bleue (1911)

 
Alexis Mérodack-Jeanneau (Angers, 1 dicembre 1873 – Angers 1919)

 
 
 
 https://it.wahooart.com/Art.nsf/O/8LJ22F/$File/Georges-Braque-Landscape-of-L_estaque-1.JPG
 
 Georges Braque, Paysage à l'Estaque (1906) ©wahooart.com
 
Georges Braque (Argenteuil, 13 maggio 1882 – Parigi, 31 agosto 1963) (di passaggio)
e per proseguire e per curiosare:
 
Pierre-Albert Marquet (Bordeaux, 27 marzo 1875 – Parigi, 13 giugno 1947)
Kees van Dongen (Delfshaven, 26 gennaio 1877 – Monte Carlo, 28 maggio 1968) olandese.
Raoul Dufy (Le Havre, 3 giugno 1877 – Forcalquier, 23 marzo 1953)
Georges Rouault (Georges Henri Rouault) (Parigi, 27 maggio 1871 – Parigi, 13 febbraio 1958)



Die Brücke (1905)
 
Il 1905 è davvero un anno fatidico: quasi contemporaneamente ai Fauves, a Dresda nasce per iniziativa di una piccola cerchia di artisti, un movimento chiamato "Il Ponte". C'è Kirchner, che abbiamo già visto nel capitolo sull'Espressionismo, e insieme a lui ci sono altri artisti impegnati a rappresentare la sofferenza della condizione umana. Dal punto di vista formale, tendono ad esaltare la spontaneità dell'ispirazione, la rappresentazione accentuata da una violenta deformazione dei corpi, dall'esasperazione dei colori e da un linguaggio incisivo, immediato, a volte eccessivo. Il linguaggio degli espressionisti tedeschi si serve di colori violenti e innaturali, di linee dure e spezzate. Si trascurano volutamente le leggi della prospettiva e non c’è nessun intento di dare l'illusione del volume e della profondità; per gli artisti del Brücke, colori e linee bastano da soli a comunicare (con un impeto che è addirittura crudele) la visione drammatica e pessimistica che hanno del mondo e della società.
Il manifesto del movimento è sintetizzato da Ernst Ludwig Kirchner nella xilografia "Il Ponte" (Die Brücke), esposta nel 1906 a Dresda; il gruppo prosegue l’attività a Berlino, tra il 1911 e il 1913. L'intenso naturalismo primordiale sospinto da pittori quali Emil Nolde (che si aggiunge al gruppo insieme a Max Pechstein, Otto Müller, César Klein, Karl Hubbuch), lascia il posto ad una tensione sempre più ossessiva e psicologica fondata su ambienti tetri e grotteschi che assumono i toni di una satira sociale.
Gli Espressionisti sono anche famosi per la pubblicazione di riviste indipendenti e autoprodotte. In primo piano la rivista “Der Sturm”, organo fondamentale dell’espressionismo tedesco,  diretta da Herwarth Walden e pubblicata dal 1910 al 1932.

Ernst Ludwig Kirchner (Aschaffenburg, 6 maggio 1880 – Davos, 15 giugno 1938)
di cui abbiamo già visto tre opere nel capitolo precedente
 
Erich Heckel (Döbeln, 31 luglio 1883 – Radolfzell, 27 gennaio 1970) 
Karl Schmidt-Rottluff (Rottluff, 1º dicembre 1884 – Berlino, 10 agosto 1976)
Alexis Mérodack-Jeanneau (Angers, 1 dicembre 1873 - 8 marzo 1919)
 
 
 
 
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Emil Nolde, Josef erzählt seine Träume (1910)
 
Emil Nolde (Nolde, presso Burkhall, 7 agosto 1867 – Seebüll, 13 aprile 1956),
vedi anche:
Max Pechstein (Zwickau, 31 dicembre 1881 – Berlino, 26 giugno 1955)
 
 
 
Otto Mueller, Waldsee mit zwei Akten (1912)
 
 
Otto Mueller o anche Otto Müller (Liebau, 16 ottobre 1874 – Breslavia, 24 settembre 1930) 



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Der Blaue Reiter 1911
 
Nel 1911 Kandinskij e Marc fondano a Monaco Der Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro), nome evocato da un dipinto di Kandinskij del 1903, che rappresenta proprio un cavaliere colorato in un blu intenso e vivace, ritenuto da Franz Marc il colore più adatto a esprimere la spiritualità. Nelle esperienze del Cavaliere azzurro il linguaggio del colore si fa sempre più libero e intenso. Sotto l'impulso di Kandinskij, i suoi protagonisti si orientano verso nuovi modi espressivi, verso la creazione di spazi immaginari, verso l'astrazione lirica e fantastica della realtà. Questa corrente si muove ancora all'interno del movimento espressionista ma sembra evolversi verso forme romantiche, orfiche , fino a sfociare in dipinti quasi astratti, a testimoniare il tentativo di unione dell’interiorità degli artisti con l'anima pulsante dell'universo.
 
 
Vassily Kandinsky, Der Blaue Reiter  (1903)
 
 
Vassily Kandinsky, Due case (1909)

Wassily Kandinsky, Murnau, Kohlgruberstrasse (1909)
 

Vassily Kandinsky (Vasilij Vasil'evič Kandinskij ) (Mosca, 4 dicembre 1866 – Neuilly-sur-Seine, 13 dicembre 1944) 
(lo vedremo anche nell' astrattismo)
 
 
Franz Marc, Il destino degli animali (1915)

 
Franz Marc (Monaco di Baviera, 8 febbraio 1880 – Verdun, 4 marzo 1916) 
 
 
 
 
August Macke, Zoologischer Garten (1912)

August Macke, Negozio di moda (1914)

August Macke (Meschede, 3 gennaio 1887 – Perthes-lès-Hurlus, 26 settembre 1914) 
 
 
 
 
 
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 Alexej von Jawlensky, Ragazza con volto verde (1910)
 
 
 
Alexej von Jawlensky (Toržok, 25 marzo 1864 – Wiesbaden, 15 marzo 1941)
 
 
 
 
https://livedoor.blogimg.jp/worldfusigi/imgs/1/d/1d93b68f.jpg 
Alfred Kubin, Negli artigli
 
Alfred Kubin (Alfred Leopold Isidor Kubin) (Leitmeritz, 10 aprile 1877 – Zwickledt, 20 agosto 1959)



sabato 20 marzo 2021

Espressionismo, le ombre della psiche


https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/0/0c/Skelet_bekijkt_chinoiserie%C3%ABn%2C_James_Ensor%2C_1885%2C_Museum_voor_Schone_Kunsten_Gent_(1995-A)%2C_Koning_Boudewijnstichting_(KBS_0008).jpg

 Chiedo scusa ai lettori che mi seguono costantemente per questa breve pausa, dovuta a una colica renale. D'altra parte nihil fit a casu e la mia colica coincide con una cerca "colica" globale che sta per coinvolgere il mondo dell'arte nei primi decenni del Novecento. Tutto il realismo ed anche le altre visioni ottocentesche stanno per essere consegnate al passato. L'arte continua ad essere "strumento di rappresentazione" ma comincia a non voler rappresentare soltanto cio che c'è "là fuori", ma anche cio che c'è "qua dentro" e cioè l'interiorità dell'animo umano, la psiche con le sue ansie, le sue paure e le sue trasfigurazioni. Comincia insomma ad avventurarsi intenzionalmente in quello spazio che da un certo punto in poi si chiamerà "inconscio".  Nel 1899 Freud pubblica L’interpretazione dei sogni, l'opera che sta alla base della psicoanalisi. Per la prima volta si conferisce uno statuto all’inconscio come dimensione psichica ove si svolgono tutte le attività mentali che non sono presenti alla coscienza di un individuo. Nel testo si afferma l’utilizzo da parte dell'inconscio di simboli sostitutivi delle cose. Non è che nell'arte precedente manchino le metafore simboliste, le allegorie. Ma qui il passo è assai più lungo e azzardato dell'esercizio retorico di "mostrare una cosa per dirne un'altra". Qua si apre una porta sul buio e si procede con un coinvolgimento che a molti artisti è costato la vita. E quando gli occhi si adattano al buio appaiono nuove visioni, che sono fabbricate dall'inconscio, il quale insegna anche agli occhi un altro modo di guardare. Diciamo che se per guardare l'arte ottocentesca erano sufficienti gli occhi, le emozioni, i sentimenti e le sensazioni, i quadri degli espressionisti chiedono di essere guardati con l'inconscio, già alcuni anni prima che Freud ne stigmatizzi l'esistenza. Sono gli artisti come per esempio Gauguin, Matisse,Van Gogh, che sembrano dare le prime scosse al concetto stesso di rappresentazione artistica e di fare del pennello l'indicatore di un movimento tellurico che scuote il concetto di realtà. A cavalcare questa scossa, a interpretarla e a portarla alle estreme conseguenze ci sono i famosi Ensor e Munch, ma anche Kokoshka, Schiele e Kirchner. Tutti quanti arrivano ad essere in qualche modo "espressionisti" dopo avere transitato per altre esperienze artistiche, tra le quali il simbolismo è la principale.

Prima di entrare nel mondo espressionista vero e proprio dobbiamo introdurre (abbiamo aspettato fin troppo) la figura di Vincent Van Gogh, un artista super famoso, celebrato e quotato ai massimi livelli. Certamente contro il parere di molti, ho deciso di inserire Van Gogh nell'Espressionismo, ma è veramente difficile collocare questo uomo struggente e straordinario, a volte insopportabile, che ha vissuto una vita difficile e problematica e che in soli 37 anni di vita ha realizzato quasi novecento dipinti, un migliaio di disegni, senza contare la moltitudine di schizzi mai portati a termine. Come per tutte le superstar, specie quelle così tanto celebrate post-mortem, è difficile non cadere nei luoghi comuni e superare la visione stereotipata che ormai abbiamo della sua arte, che vediamo riprodotta ovunque in stampe, barattoli, cuscini, tende, grembuli e presine per il forno. Si finisce ormai per vedere le opere di Van Gogh, specialmente le più famose, quasi senza guardarle o guardandole nello stesso modo in cui guardiamo una maglietta con un teschio heavy metal o un bavagliolo con la faccia di Gatto Silvestro. Questo oviamente succede per l'abuso che ne hanno fatto stampatori di manifesti, arredatori, pubblicitari e produttori di bevande, alimentari e gadget, venditori di riproduzioni online et cetera. Possiamo, senza dubbio con molte riserve, includerlo nel capitolo espressionista se vogliamo vedere come costante della sua arte il tentativo, non sempre esplicito, di trasferire sulla tela i moti del suo animo complesso e travagliato, il desiderio di superare la visione esteriore e di manifestare un insieme di situazioni che hanno a che fare con l’interiorità. Anche quando, come ha talvolta dichiarato Van Gogh, il desiderio era quello di catturare qualcosa di essenziale del soggetto che andasse al di là della sua immagine. Van Gogh è un genio che per gran parte della sua vita non è stato compreso e poi celebrato forse addirittura al di sopra di quanto avrebbe desiderato. E' stato un impressionista, un espressionista, un pointilliste sui generis, un realista, un pittore sociale, un pittore religioso e molte altre cose.


Vincent Van Gogh, La chiesa di Nuenen (1884)
 
 
 
File:Van Gogh - Bäume und Unterholz2.jpeg
Vincent Van Gogh, Alberi e sottobosco (1887)
 
 
 
 
Vincent Van Gogh, Campo di grano con corvi (1890)


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Vincent Van Gogh, L'albero di more (1889)  - ©WahooArt
 
 
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Vincent Van Gogh,  Il seminatore (1888)
 

Vincent Van Gogh, Autoritratto (1888)
 
 
Vincent Van Gogh, Le café la nuit (1888)

Vincent Van Gogh, La notte stellata (1889)


Vincent Van Gogh (Zundert, 30 marzo 1853 – Auvers-sur-Oise, 29 luglio 1890)
La sua formazione parte dall'esempio del realismo paesaggistico dei pittori di Barbizon e del messaggio etico e sociale di Jean-François Millet.
Comincia a disegnare da bambino, figlio di un pastore calvinista, padre di undici figli. La famiglia è povera e lui non finisce gli studi. Nel 1869 comincia a lavorare in una casa d'arte dove ha ruolo di venditore di stampe e dipinti. Nel 1973 viaggia per lavoro a Bruxelles e a Londra. Finisce a l'Aia, dove comincia a realizzare dipinti che ricevono poca approvazione. Nel 75 è a Parigi, dove subisce forti emozioni nei musei. Nel 76 è nella periferia di Londra dove fa il supplente in una scuola metodista. Fino al 1880 la sua vita è dominata da un'intento religioso. Prova a iscriversi alla facoltà di Teologia senza successo. Il 1880 è un punto di svolta nella vita di Vincent Van Gogh che si libera degli ossessivi progetti religiosi e si dedica esclusivamente a dipingere poveri minatori e tessitori. Nel 1881 c'è la vera svolta artistica, una serie di relazioni sentimentali fallimentari, lo stato di salute precario. Nel 1884 si trasferisce a Nuenen dai suoi genitori, mette in piedi un piccolo studio per lavorare e continua a fare affidamento sul sostegno di Theo, il fratello che lo aiuterà tutta la vita.
Dal 1886 riscopre Rembrandt e Rubens. Vive a Parigi dove scopre la pittura impressionista e approfondisce l'interesse per l'arte e le stampe giapponesi. Conosce molti pittori tra cui Toulouse Lautrec e Paul Gauguin che apprezza particolarmente. La loro sarà una relazione assai turbolenta. Conosce pittori animati dalla sua medesima insofferenza verso i tradizionalismi: Monet, Renoir, Degas, Pissarro, Sisley e i pointillistes Seurat e Signac, conosciuti per tramite del fratello Theo. Particolarmente intensa fu l'amicizia con Paul Signac con il quale nella primavera del 1887 lavora ad Asnières, sulle rive della Senna, rigorosamente en plein air.
Il 1888 è un anno fondamentale nella vita di Van Gogh. Lascia Parigi in febbraio e si trasferisce ad Arles. Nella primavera inizia a dipingere i paesaggi in fiore della Provenza. Si trasferisce infine nella "Casa Gialla", una dimora che ha preso in affitto dove spera di stabilire una comunità di artisti. E' il momento in cui riesce a dipingere alcune delle sue opere migliori ma anche il momento delle sue già accennate violente tensioni con Gauguin. Nel 1889 soffre di allucinazioni e fissazioni. Continua sporadicamente a lavorare ma la frequenza crescente degli attacchi lo induce, con l'aiuto di Theo, a farsi ricoverare presso l'ospedale psichiatrico di Saint Paul-de-Mausole a Saint-Rémy-de-Provence. Proprio in questo periodo la sua opera inizia a ricevere riconoscimenti presso la comunità artistica. I suoi dipinti "Notte stellata sul Rodano" e "Iris" sono in mostra al Salon des Indépendants in settembre, e in novembre viene invitato ad altre esibizioni. La mattina presto del 29 luglio 1890 si spara in un campo nei pressi di Auverse.

 

La scossa espressionista

 

L’Espressionismo è molto di più di una corrente o movimento, è il sovvertimento del novecento che capovolge il paradigma della rappresentazione e l'idea di verità ottocentesca. In un certo senso da adesso in poi tutta l'arte sarà "espressionista".
La corrente espressionista si manifesta principalmente in due aree diverse: in Francia nelle opere dei Fauves e in Germania in quelle del gruppo Die Brücke. Gli artisti sono accomunati dalla volontà di esprimere tensioni, stati d'animo e sentimenti attraverso la violenza del colore, la sintesi della forma, l'incisività del segno.
I soggetti preferiti sono i nudi, i paesaggi, le scene di vita quotidiana e le città. Si disegna con grande libertà, con attenzione allo stato d’animo, si pone grande attenzione all’uso del cromatismo come veicolo di emozioni, si recuperano tecniche in disuso, come la xilografia.
In senso generale, anche artisti come Matthias Grünewald ed El Greco possono essere considerati espressionisti, ma storicamente l’Espressionismo è circoscrivibile al ventennio che inizia nei primi anni del 1900, inquadrabile nelle cosiddette avanguardie artistiche e sviluppato soprattutto in Germania tra il 1905 e il 1925. Si oppone concettualmente al razionalismo, propone una rivoluzione del linguaggio che contrappone all'oggettività dell'impressionismo la soggettività dell’artista.
L'impressionismo rappresenta una sorta di moto dall'esterno all'interno, cioè era la realtà oggettiva a imprimersi nella coscienza soggettiva dell'artista; l'espressionismo costituisce il moto inverso, dall'interno all'esterno: dall'anima dell'artista direttamente nella realtà, senza mediazioni. Il senso dell'Espressionismo  è la ribellione dello spirito verso la materia, si guarda la realtà con gli occhi dell'anima. L'occhio interiore sostituisce ala visione eliminando il confine fra etica ed estetica. Nasce così un nuovo linguaggio che non trascura alcuni fondamenti romantici, come l'identificazione fra arte e vita. L'espressionismo mette in campo contenuti psicologici, problemi sociali e conflitti interiori con rappresentazioni intense e drammatiche, talvolta angoscianti. La realtà tedesca dei primi anni del secolo è amara e carica di tensione, si sviluppa su contraddizioni politiche, perdita di valori ideali, lotte di classe. Tutti temi esaltati dagli espressionisti in polemica con la società borghese, contro l'alienazione del lavoro, contro la visione positivistica del mondo, dello razionalismo scientifico, della logica e del principio di causalità.

Le radici dell'espressionismo in pittura  sono nell'estetica romantica, cioè dove è incominciato un lungo cammino per liberare l'opera d'arte dal compito di riprodurre la realtà, evidenziando il compito dell’artista come mediatore tra l’opera e il mondo. Ma se vogliamo trovare le prime avvisaglie dell'espressionismo dobbiamo cercarle nel Simbolismo, nella pittura come manifestazione dello stato d'animo, come è per Gauguin e per Van Gogh ed Hervé, che sono i precursori di questa corrente pittorica. 

 

 

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James Ensor, La mangiatrice di ostriche (1882)
 

James Ensor, Entrata di Cristo a Bruxelles (1889)
 
 
 
 
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James Ensor, Les cuisiniers dangereux (1896)


James Ensor, L'intrigo (1890)

James Ensor, Scheletri che si contendono un impiccato (1891)


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James Ensor, Skelet bekijkt chinoiserieën (1885)



James Ensor (James Sidney Edouard, Barone di Ensor) (Ostenda, 13 aprile 1860 – Ostenda, 19 novembre 1949)
Precursore dell’espressionismo,  il belga Ensor effettua spesso una grottesca ripresa di elementi fiamminghi. Opera in principio tra simbolismo ed espressionismo; verso il 1885, rielaborando l'uso del colore brillante degli impressionisti si rivolge verso i temi e gli stili dell’avanguardia. Si accosta al simbolismo e al decadentismo, svolgendo un ruolo determinante nel rinnovamento dell’arte belga e anticipando le correnti dei fauves e dell’espressionismo. Il distacco dalla visione naturalistica si evidenzia in Ensor con quella crisi del rapporto tra l’uomo e la natura e quella tendenza all’allusione simbolica tipica di tutta l’arte post-impressionista. Questo processo di trasfigurazione della realtà è basato su di un linguaggio fatto di colori puri e aspri, con vibranti colpi di pennello interrotti che accrescono l’effetto violento dei suoi soggetti.
La tavolozza si schiarisce ed appaiono elementi inquietanti come maschere, scheletri, spettri e demoni, usati per mettere in satira gli aspetti più tipici del mondo borghese. L’antica immagine della morte si nasconde dietro maschere spaventose, cariche di un simbolismo ambiguo ed ossessivo, tipico del clima decadente di fine secolo.

 

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Edvard Munch,  La Senna a Saint-Cloud (1890)
 
 
 
Edvard Munch, Primavera in Johan Karl Strasse (1891)
 
 
 
 
Edvard Munch, Notte d'estate, Inger sulla riva (1889)
 
 
Edvard Munch, Donna sulla spiaggia (1898)


Edvard Munch, La morte nella stanza della malata (1893)

Edvard Munch, Notte a Saint-Cloud  (1890)

Edvard Munch, Ragazze sul ponte (1903)
 

Edvard Munch,  Sera sul viale Karl Johan (1892)

Edvard Munch, Ansietà (1894)

Edvard Munch, Melancolia (1894-1896)
 

Edvard Munch, La vigne vierge rouge (1898-1900)

Edvard Munch,  Nel viale (1906)

 
Edvard Munch, Tempesta (1893)
 
Edvard Munch, Il giorno dopo (1895)




Edvard Munch  (Løten, 12 dicembre 1863 – Oslo, 23 gennaio 1944)
Anche Munch, come Van Gogh, è vittima della sua celebrità, che nel grande pubblico ha visto soprattutto (e quasi esclusivamente) la diffusione del celeberrimo Urlo (di cui tra l'altro Munch ha dipinto più versioni). Ma Munch è molto più grande della sua notorietà congelata in cinque o sei immagini. Ha un percorso pittorico artistico ampio, che va ben oltre la banale e stereotipata definizione di “pittore dell’angoscia”. Frequenta l'Accademia di belle arti di Oslo (l'allora Christiania), anche grazie a una borsa di studio vinta per le sue capacità tecniche tutt'altro che comuni. Frequenta l'ambiente bohemièn di Oslo nel pieno del suo fermento culturale, conosce Henrik Ibsen. Finita l'Accademia, si reca a Parigi (1885), dove approfondisce imparando da Gauguin, Van Gogh, Toulouse-Lautrec e Degas, Certamente non si può dire che la serenità e il piacere della natura, presente in molti suoi coevi, sia presente nella sua opera. Ma le definizioni dei molti stati interiori che descrive sono un grande catalogo di espressioni dell’anima, spesso gravata da una visione intima e passionale, dai toni scuri. Dopo alcune esperienze legate al pointillisme post-impressionista, Munch sembra voler abbandonare la luce e i suoi riflessi che dipinge ancora sulla Senna nel 1890.  Con alcune deviazioni dal Simbolismo francese  la sua pittura va verso un'intensità espressiva tipicamente nordica. I temi che lo interessano sono la passione, la vita e la morte. L'ombra di questa lo accompagnerà lungo l'arco della sua intera esistenza, segnata dalla morte della madre mentre è ancora bambino e da quella della giovane sorella. Questi episodi acuiranno la sua sensibilità nervosa e ne influenzeranno già i primi quadri.


Tra i maggiori esponenti dell'espressionismo ci sono gli sperimentatori del Secessionismo viennese (vedi capitolo sulla Belle époque), quelli che partendo dal simbolismo elegante dell'Art Nouveau e del decadentismo inglese sono poi arrivati a nuovi linguaggi espressivi dove nessun esercizio tecnico ha obiettivi di efficacia nella resa della realtà esterna, ma viene sostituito da una urgenza comunicativa che trasforma l'uso del pennello, che da bacchetta di un direttore d'orchestra ora diventa un bisturi, un trapano o addirittura un'arma per orltrepassare la visione degli occhi ed arrivare a quella della psiche.


 


Oskar Kokoschka, La sposa e il vento (1914)
 
 

 

Oskar Kokoschka, Ritratto di Egon Wellesz (1911) 
 
 
Oskar Kokoschka, Veduta di New York (1966)


Oskar Kokoschka (Pöchlarn, 1º marzo 1886 – Montreux, 22 febbraio 1980) 


 

 

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Egon Schiele, Autoritratto 1912

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Egon Schiele, Donna in lutto (1912)

 

Egon Schiele (Egon Leon Adolf Schiele) (Tulln an der Donau, 12 giugno 1890 – Vienna, 31 ottobre 1918)


Ernst Ludwig Kirchner, Postdamer Platz (1914)
 
 

Ernst Ludwig Kirchner, Strada di Berlino (1913)
 
 
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Ernst Ludwig Kirchner, Artistin (1910)

 

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Ernst Ludwig Kirchner, Autoritratto con gatto (1919-1920)

 

Ernst Ludwig Kirchner (Aschaffenburg, 6 maggio 1880 – Davos, 15 giugno 1938)