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sabato 20 marzo 2021

Espressionismo, le ombre della psiche


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 Chiedo scusa ai lettori che mi seguono costantemente per questa breve pausa, dovuta a una colica renale. D'altra parte nihil fit a casu e la mia colica coincide con una cerca "colica" globale che sta per coinvolgere il mondo dell'arte nei primi decenni del Novecento. Tutto il realismo ed anche le altre visioni ottocentesche stanno per essere consegnate al passato. L'arte continua ad essere "strumento di rappresentazione" ma comincia a non voler rappresentare soltanto cio che c'è "là fuori", ma anche cio che c'è "qua dentro" e cioè l'interiorità dell'animo umano, la psiche con le sue ansie, le sue paure e le sue trasfigurazioni. Comincia insomma ad avventurarsi intenzionalmente in quello spazio che da un certo punto in poi si chiamerà "inconscio".  Nel 1899 Freud pubblica L’interpretazione dei sogni, l'opera che sta alla base della psicoanalisi. Per la prima volta si conferisce uno statuto all’inconscio come dimensione psichica ove si svolgono tutte le attività mentali che non sono presenti alla coscienza di un individuo. Nel testo si afferma l’utilizzo da parte dell'inconscio di simboli sostitutivi delle cose. Non è che nell'arte precedente manchino le metafore simboliste, le allegorie. Ma qui il passo è assai più lungo e azzardato dell'esercizio retorico di "mostrare una cosa per dirne un'altra". Qua si apre una porta sul buio e si procede con un coinvolgimento che a molti artisti è costato la vita. E quando gli occhi si adattano al buio appaiono nuove visioni, che sono fabbricate dall'inconscio, il quale insegna anche agli occhi un altro modo di guardare. Diciamo che se per guardare l'arte ottocentesca erano sufficienti gli occhi, le emozioni, i sentimenti e le sensazioni, i quadri degli espressionisti chiedono di essere guardati con l'inconscio, già alcuni anni prima che Freud ne stigmatizzi l'esistenza. Sono gli artisti come per esempio Gauguin, Matisse,Van Gogh, che sembrano dare le prime scosse al concetto stesso di rappresentazione artistica e di fare del pennello l'indicatore di un movimento tellurico che scuote il concetto di realtà. A cavalcare questa scossa, a interpretarla e a portarla alle estreme conseguenze ci sono i famosi Ensor e Munch, ma anche Kokoshka, Schiele e Kirchner. Tutti quanti arrivano ad essere in qualche modo "espressionisti" dopo avere transitato per altre esperienze artistiche, tra le quali il simbolismo è la principale.

Prima di entrare nel mondo espressionista vero e proprio dobbiamo introdurre (abbiamo aspettato fin troppo) la figura di Vincent Van Gogh, un artista super famoso, celebrato e quotato ai massimi livelli. Certamente contro il parere di molti, ho deciso di inserire Van Gogh nell'Espressionismo, ma è veramente difficile collocare questo uomo struggente e straordinario, a volte insopportabile, che ha vissuto una vita difficile e problematica e che in soli 37 anni di vita ha realizzato quasi novecento dipinti, un migliaio di disegni, senza contare la moltitudine di schizzi mai portati a termine. Come per tutte le superstar, specie quelle così tanto celebrate post-mortem, è difficile non cadere nei luoghi comuni e superare la visione stereotipata che ormai abbiamo della sua arte, che vediamo riprodotta ovunque in stampe, barattoli, cuscini, tende, grembuli e presine per il forno. Si finisce ormai per vedere le opere di Van Gogh, specialmente le più famose, quasi senza guardarle o guardandole nello stesso modo in cui guardiamo una maglietta con un teschio heavy metal o un bavagliolo con la faccia di Gatto Silvestro. Questo oviamente succede per l'abuso che ne hanno fatto stampatori di manifesti, arredatori, pubblicitari e produttori di bevande, alimentari e gadget, venditori di riproduzioni online et cetera. Possiamo, senza dubbio con molte riserve, includerlo nel capitolo espressionista se vogliamo vedere come costante della sua arte il tentativo, non sempre esplicito, di trasferire sulla tela i moti del suo animo complesso e travagliato, il desiderio di superare la visione esteriore e di manifestare un insieme di situazioni che hanno a che fare con l’interiorità. Anche quando, come ha talvolta dichiarato Van Gogh, il desiderio era quello di catturare qualcosa di essenziale del soggetto che andasse al di là della sua immagine. Van Gogh è un genio che per gran parte della sua vita non è stato compreso e poi celebrato forse addirittura al di sopra di quanto avrebbe desiderato. E' stato un impressionista, un espressionista, un pointilliste sui generis, un realista, un pittore sociale, un pittore religioso e molte altre cose.


Vincent Van Gogh, La chiesa di Nuenen (1884)
 
 
 
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Vincent Van Gogh, Alberi e sottobosco (1887)
 
 
 
 
Vincent Van Gogh, Campo di grano con corvi (1890)


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Vincent Van Gogh, L'albero di more (1889)  - ©WahooArt
 
 
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Vincent Van Gogh,  Il seminatore (1888)
 

Vincent Van Gogh, Autoritratto (1888)
 
 
Vincent Van Gogh, Le café la nuit (1888)

Vincent Van Gogh, La notte stellata (1889)


Vincent Van Gogh (Zundert, 30 marzo 1853 – Auvers-sur-Oise, 29 luglio 1890)
La sua formazione parte dall'esempio del realismo paesaggistico dei pittori di Barbizon e del messaggio etico e sociale di Jean-François Millet.
Comincia a disegnare da bambino, figlio di un pastore calvinista, padre di undici figli. La famiglia è povera e lui non finisce gli studi. Nel 1869 comincia a lavorare in una casa d'arte dove ha ruolo di venditore di stampe e dipinti. Nel 1973 viaggia per lavoro a Bruxelles e a Londra. Finisce a l'Aia, dove comincia a realizzare dipinti che ricevono poca approvazione. Nel 75 è a Parigi, dove subisce forti emozioni nei musei. Nel 76 è nella periferia di Londra dove fa il supplente in una scuola metodista. Fino al 1880 la sua vita è dominata da un'intento religioso. Prova a iscriversi alla facoltà di Teologia senza successo. Il 1880 è un punto di svolta nella vita di Vincent Van Gogh che si libera degli ossessivi progetti religiosi e si dedica esclusivamente a dipingere poveri minatori e tessitori. Nel 1881 c'è la vera svolta artistica, una serie di relazioni sentimentali fallimentari, lo stato di salute precario. Nel 1884 si trasferisce a Nuenen dai suoi genitori, mette in piedi un piccolo studio per lavorare e continua a fare affidamento sul sostegno di Theo, il fratello che lo aiuterà tutta la vita.
Dal 1886 riscopre Rembrandt e Rubens. Vive a Parigi dove scopre la pittura impressionista e approfondisce l'interesse per l'arte e le stampe giapponesi. Conosce molti pittori tra cui Toulouse Lautrec e Paul Gauguin che apprezza particolarmente. La loro sarà una relazione assai turbolenta. Conosce pittori animati dalla sua medesima insofferenza verso i tradizionalismi: Monet, Renoir, Degas, Pissarro, Sisley e i pointillistes Seurat e Signac, conosciuti per tramite del fratello Theo. Particolarmente intensa fu l'amicizia con Paul Signac con il quale nella primavera del 1887 lavora ad Asnières, sulle rive della Senna, rigorosamente en plein air.
Il 1888 è un anno fondamentale nella vita di Van Gogh. Lascia Parigi in febbraio e si trasferisce ad Arles. Nella primavera inizia a dipingere i paesaggi in fiore della Provenza. Si trasferisce infine nella "Casa Gialla", una dimora che ha preso in affitto dove spera di stabilire una comunità di artisti. E' il momento in cui riesce a dipingere alcune delle sue opere migliori ma anche il momento delle sue già accennate violente tensioni con Gauguin. Nel 1889 soffre di allucinazioni e fissazioni. Continua sporadicamente a lavorare ma la frequenza crescente degli attacchi lo induce, con l'aiuto di Theo, a farsi ricoverare presso l'ospedale psichiatrico di Saint Paul-de-Mausole a Saint-Rémy-de-Provence. Proprio in questo periodo la sua opera inizia a ricevere riconoscimenti presso la comunità artistica. I suoi dipinti "Notte stellata sul Rodano" e "Iris" sono in mostra al Salon des Indépendants in settembre, e in novembre viene invitato ad altre esibizioni. La mattina presto del 29 luglio 1890 si spara in un campo nei pressi di Auverse.

 

La scossa espressionista

 

L’Espressionismo è molto di più di una corrente o movimento, è il sovvertimento del novecento che capovolge il paradigma della rappresentazione e l'idea di verità ottocentesca. In un certo senso da adesso in poi tutta l'arte sarà "espressionista".
La corrente espressionista si manifesta principalmente in due aree diverse: in Francia nelle opere dei Fauves e in Germania in quelle del gruppo Die Brücke. Gli artisti sono accomunati dalla volontà di esprimere tensioni, stati d'animo e sentimenti attraverso la violenza del colore, la sintesi della forma, l'incisività del segno.
I soggetti preferiti sono i nudi, i paesaggi, le scene di vita quotidiana e le città. Si disegna con grande libertà, con attenzione allo stato d’animo, si pone grande attenzione all’uso del cromatismo come veicolo di emozioni, si recuperano tecniche in disuso, come la xilografia.
In senso generale, anche artisti come Matthias Grünewald ed El Greco possono essere considerati espressionisti, ma storicamente l’Espressionismo è circoscrivibile al ventennio che inizia nei primi anni del 1900, inquadrabile nelle cosiddette avanguardie artistiche e sviluppato soprattutto in Germania tra il 1905 e il 1925. Si oppone concettualmente al razionalismo, propone una rivoluzione del linguaggio che contrappone all'oggettività dell'impressionismo la soggettività dell’artista.
L'impressionismo rappresenta una sorta di moto dall'esterno all'interno, cioè era la realtà oggettiva a imprimersi nella coscienza soggettiva dell'artista; l'espressionismo costituisce il moto inverso, dall'interno all'esterno: dall'anima dell'artista direttamente nella realtà, senza mediazioni. Il senso dell'Espressionismo  è la ribellione dello spirito verso la materia, si guarda la realtà con gli occhi dell'anima. L'occhio interiore sostituisce ala visione eliminando il confine fra etica ed estetica. Nasce così un nuovo linguaggio che non trascura alcuni fondamenti romantici, come l'identificazione fra arte e vita. L'espressionismo mette in campo contenuti psicologici, problemi sociali e conflitti interiori con rappresentazioni intense e drammatiche, talvolta angoscianti. La realtà tedesca dei primi anni del secolo è amara e carica di tensione, si sviluppa su contraddizioni politiche, perdita di valori ideali, lotte di classe. Tutti temi esaltati dagli espressionisti in polemica con la società borghese, contro l'alienazione del lavoro, contro la visione positivistica del mondo, dello razionalismo scientifico, della logica e del principio di causalità.

Le radici dell'espressionismo in pittura  sono nell'estetica romantica, cioè dove è incominciato un lungo cammino per liberare l'opera d'arte dal compito di riprodurre la realtà, evidenziando il compito dell’artista come mediatore tra l’opera e il mondo. Ma se vogliamo trovare le prime avvisaglie dell'espressionismo dobbiamo cercarle nel Simbolismo, nella pittura come manifestazione dello stato d'animo, come è per Gauguin e per Van Gogh ed Hervé, che sono i precursori di questa corrente pittorica. 

 

 

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James Ensor, La mangiatrice di ostriche (1882)
 

James Ensor, Entrata di Cristo a Bruxelles (1889)
 
 
 
 
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James Ensor, Les cuisiniers dangereux (1896)


James Ensor, L'intrigo (1890)

James Ensor, Scheletri che si contendono un impiccato (1891)


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James Ensor, Skelet bekijkt chinoiserieën (1885)



James Ensor (James Sidney Edouard, Barone di Ensor) (Ostenda, 13 aprile 1860 – Ostenda, 19 novembre 1949)
Precursore dell’espressionismo,  il belga Ensor effettua spesso una grottesca ripresa di elementi fiamminghi. Opera in principio tra simbolismo ed espressionismo; verso il 1885, rielaborando l'uso del colore brillante degli impressionisti si rivolge verso i temi e gli stili dell’avanguardia. Si accosta al simbolismo e al decadentismo, svolgendo un ruolo determinante nel rinnovamento dell’arte belga e anticipando le correnti dei fauves e dell’espressionismo. Il distacco dalla visione naturalistica si evidenzia in Ensor con quella crisi del rapporto tra l’uomo e la natura e quella tendenza all’allusione simbolica tipica di tutta l’arte post-impressionista. Questo processo di trasfigurazione della realtà è basato su di un linguaggio fatto di colori puri e aspri, con vibranti colpi di pennello interrotti che accrescono l’effetto violento dei suoi soggetti.
La tavolozza si schiarisce ed appaiono elementi inquietanti come maschere, scheletri, spettri e demoni, usati per mettere in satira gli aspetti più tipici del mondo borghese. L’antica immagine della morte si nasconde dietro maschere spaventose, cariche di un simbolismo ambiguo ed ossessivo, tipico del clima decadente di fine secolo.

 

* * *

Edvard Munch,  La Senna a Saint-Cloud (1890)
 
 
 
Edvard Munch, Primavera in Johan Karl Strasse (1891)
 
 
 
 
Edvard Munch, Notte d'estate, Inger sulla riva (1889)
 
 
Edvard Munch, Donna sulla spiaggia (1898)


Edvard Munch, La morte nella stanza della malata (1893)

Edvard Munch, Notte a Saint-Cloud  (1890)

Edvard Munch, Ragazze sul ponte (1903)
 

Edvard Munch,  Sera sul viale Karl Johan (1892)

Edvard Munch, Ansietà (1894)

Edvard Munch, Melancolia (1894-1896)
 

Edvard Munch, La vigne vierge rouge (1898-1900)

Edvard Munch,  Nel viale (1906)

 
Edvard Munch, Tempesta (1893)
 
Edvard Munch, Il giorno dopo (1895)




Edvard Munch  (Løten, 12 dicembre 1863 – Oslo, 23 gennaio 1944)
Anche Munch, come Van Gogh, è vittima della sua celebrità, che nel grande pubblico ha visto soprattutto (e quasi esclusivamente) la diffusione del celeberrimo Urlo (di cui tra l'altro Munch ha dipinto più versioni). Ma Munch è molto più grande della sua notorietà congelata in cinque o sei immagini. Ha un percorso pittorico artistico ampio, che va ben oltre la banale e stereotipata definizione di “pittore dell’angoscia”. Frequenta l'Accademia di belle arti di Oslo (l'allora Christiania), anche grazie a una borsa di studio vinta per le sue capacità tecniche tutt'altro che comuni. Frequenta l'ambiente bohemièn di Oslo nel pieno del suo fermento culturale, conosce Henrik Ibsen. Finita l'Accademia, si reca a Parigi (1885), dove approfondisce imparando da Gauguin, Van Gogh, Toulouse-Lautrec e Degas, Certamente non si può dire che la serenità e il piacere della natura, presente in molti suoi coevi, sia presente nella sua opera. Ma le definizioni dei molti stati interiori che descrive sono un grande catalogo di espressioni dell’anima, spesso gravata da una visione intima e passionale, dai toni scuri. Dopo alcune esperienze legate al pointillisme post-impressionista, Munch sembra voler abbandonare la luce e i suoi riflessi che dipinge ancora sulla Senna nel 1890.  Con alcune deviazioni dal Simbolismo francese  la sua pittura va verso un'intensità espressiva tipicamente nordica. I temi che lo interessano sono la passione, la vita e la morte. L'ombra di questa lo accompagnerà lungo l'arco della sua intera esistenza, segnata dalla morte della madre mentre è ancora bambino e da quella della giovane sorella. Questi episodi acuiranno la sua sensibilità nervosa e ne influenzeranno già i primi quadri.


Tra i maggiori esponenti dell'espressionismo ci sono gli sperimentatori del Secessionismo viennese (vedi capitolo sulla Belle époque), quelli che partendo dal simbolismo elegante dell'Art Nouveau e del decadentismo inglese sono poi arrivati a nuovi linguaggi espressivi dove nessun esercizio tecnico ha obiettivi di efficacia nella resa della realtà esterna, ma viene sostituito da una urgenza comunicativa che trasforma l'uso del pennello, che da bacchetta di un direttore d'orchestra ora diventa un bisturi, un trapano o addirittura un'arma per orltrepassare la visione degli occhi ed arrivare a quella della psiche.


 


Oskar Kokoschka, La sposa e il vento (1914)
 
 

 

Oskar Kokoschka, Ritratto di Egon Wellesz (1911) 
 
 
Oskar Kokoschka, Veduta di New York (1966)


Oskar Kokoschka (Pöchlarn, 1º marzo 1886 – Montreux, 22 febbraio 1980) 


 

 

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Egon Schiele, Autoritratto 1912

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Egon Schiele, Donna in lutto (1912)

 

Egon Schiele (Egon Leon Adolf Schiele) (Tulln an der Donau, 12 giugno 1890 – Vienna, 31 ottobre 1918)


Ernst Ludwig Kirchner, Postdamer Platz (1914)
 
 

Ernst Ludwig Kirchner, Strada di Berlino (1913)
 
 
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Ernst Ludwig Kirchner, Artistin (1910)

 

 https://www.catplus.de/wp-content/uploads/selbstportrait_mit_katze.jpeg  
Ernst Ludwig Kirchner, Autoritratto con gatto (1919-1920)

 

Ernst Ludwig Kirchner (Aschaffenburg, 6 maggio 1880 – Davos, 15 giugno 1938)

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