Ovviamente per rimanere nel nostro tema e per non disperdere all’infinito la nostra passeggiata nell’enormità delle testimonianze romane, limitiamo la nostra osservazione alla sola pittura. Le pitture romane sono di un fascino e di una modernità quasi sconcertante, soprattutto se si confrontano con le successive opere della cristianità.
Confesso che quando ho cominciato questa paziente raccolta di opere di tutte le epoche ho affrontato la pittura romana in modo un po’ sbrigativo: non ne sapevo molto e pensavo di cavarmela con qualche informazione ufficiale. Ma più ti addentri nell’arte romana più aumentano le scoperte meravigliose e più scopri che i romani avevano già inventato gran parte delle cose che troveremo nella storia dell’arte, come per esempio la figura di 3/4 la cui invenzione viene attribuita a Van Eyck, o la prospettiva aerea (dissolvenza dei colori lontani) che molti attribuiscono agli impressionisti. (oppure anche la testa di cavallo nella villa dei Dioscuri che sembra quella dell’incubo di Füssli). Certamente ai romani non mancavano le possibilità: avevano a disposizione ogni cosa proveniente dai quattro angoli della Terra e incameravano le culture dei popoli su cui dominavano, arricchendosi continuamente di nuove conoscenze. Nell’arte romana ci vengono in mente in primo luogo le architetture e le sculture. Oggi le vediamo tutte bianche, ma i romani (e prima di loro i Greci) le dipingevano, e dovevano avere un aspetto ben diverso da quel biancore asettico che per noi contraddistingue la classicità. Ma, anche se le statue erano dipinte, noi ci siamo posti come obiettivo di parlare della pittura vera e propria, che ancora ci racconta il colore dell’epopea imperiale.
Le prime che mi vengono in mente sono gli affreschi parietali città vesuviane di Pompei, Ercolano e Stabia che si sviluppano a partire da II secolo a.C. e finiscono con la famosa eruzione del 79 d.C.
Con tutta probabilità la prima pittura romana è anch’essa religiosa (anche se la religiosità pagana e politeista era qualcosa di completamente diverso, forse opposto alla nostra idea di spiritualità) e riguardava la decorazione dei templi, mutuando i suoi moduli narrativi dai Greci e dagli Etruschi. Ma ben presto i romani trasferirono la pittura parietale alle case private. La tecnica prevalente è quella dello stucco, un impasto di calce spenta e polvere di marmo, che una volta terminata l’asciugatura si trasforma in un supporto resistente e duro (carbonato di calcio). Se applicato a spatola poteva diventare compatto e lucido, simile al marmo e infatti era utilizzato come imitazione del marmo, non sempre facile da trovare. La “pittura” vera e propria si afferma con la tecnica dell’affresco (pigmenti diluiti in acqua e applicati sull’intonaco ancora fresco), della tempera e dell’encausto, in cui i pigmenti erano miscelati con vari tipi di leganti come l’albume d’uovo, la cera .
La storia dell’arte è solita dividere la pittura romana in quattro stili: Lo stile strutturale (dal II a I secolo a.C.) prevalentemente diciamo "artigianale" che imitava il marmo e si rifaceva a moduli ellenistici; lo stile architettonico (dal I secolo a.C. al I d.C.), che è un antesignano del nostro trompe l’oeil, che decora le pareti con prospettive, personaggi e paesaggi; Lo stile ornamentale (I sec. d.C.), che non vuole ingannare l’occhio, ma si limita a decorare le pareti con pitture di persone e paesaggi eseguiti con poche pennellate ed elevata tecnica; Lo stile fantastico, contemporaneo al terzo, ma più ricco, più colorato e più incline all’invenzione, alla decorazione e alla celebrazione del fasto.
Quello che stupisce di più, specialmente a partire del secondo stile, è l’immediatezza del segno, la tecnica raffinata, il gusto e il divertimento ma soprattutto la presenza di una ampia gamma di colori. Ci vorranno secoli per poter ritrovare questa ricchezza cromatica. Certamente l’impero Romano, data la sua sconfinata dimensione, aveva una disponibilità di pigmenti che sarà poi irraggiungibile per molto tempo.
Dobbiamo infatti ricordare che tra le cose più complicate nella realizzazione artistica, almeno fino al 1800, c’è il reperimento e la realizzazione dei colori. Per tutti i pittori dell’antichità i colori andavano fabbricati mettendo insieme quattro elementi: solventi, leganti, pigmenti e cariche.
I solventi (tra cui l’acqua occupa il primo posto) servivano a sciogliere le polveri e rendere fluidi gli impasti cromatici; i leganti (in un primo tempo latte, uovo ed altri di derivazione animale) servivano a tenere insieme le miscele e a renderle adesive sul supporto; i pigmenti fornivano il colore e le cariche (polveri di calce, di marmo, di terra) servivano a dare “sostanza e corpo” (massa) alle miscele da applicare.
1 - Ritratti del Fayum - su tavole in legno (dalla fine del I secolo a.C. alla metà del III secolo d.C.)
Non faccio per dire, ma si fa fatica a credere che sia un dipinto così antico. Provante a confrontarla con tanta ritrattistica dell'Ottocento e del Novecento e vedrete che già molte cose sono qui. . Il close-up, la posa con le spalle di tre quarti, l'intensità sensuale che però ti guarda austera e non provoca, l'illuminazione a macchie di colore e a pennellate veloci. Se vi piace, cercate in rete altri ritratti funerari del Fayum... una galleria di capolavori!
2 - Tomba del tuffatore Paestum (470 a.C.)
Anche qua sembra esserci già tutto: il controluce, i fumetti, le sagomine segnaletiche, Matisse, il minimalismo nel dipinto, l'astrazione fantastica dell'attimo sospeso da una polaroid. Cinque secoli prima di Cristo, eh?
3 - Diana - affresco I secolo a.C. - Quando vi diranno che Van Eyck ha inventato la figura di 3/4 ricordatevi dei Romani e di questo dipinto. E ricordatevene ogni volta che arriverete in una piazza e vedrete la statua di un qualche eroe o condottiero.
4 - Scena della flagellazione e termine del rito - Villa dei misteri Pompei (circa 60 a.C.)
Pensare che i romani fossero già arrivati a questo punto nella composizione dell'immagine, nel dinamismo e nella tensione che esprime, nel riprodurre la figura umana in pose che ci sembrano modernissime. Fa parte di una serie di scene che sono i momenti di un rito. Cose religiose. Pensare che tra un po' ci aspetteranno secoli di facce di santi impalati e di tinte molto meno chiassose.
5 - Villa di Livia, Roma, via Flaminia (20 a.C.)
Quando parleremo della prospettiva aerea data dai colori sbiaditi all'orizzonte (una delle tecniche degli impressionisti) ricordiamoci di quel tenue dileguarsi del sottobosco che sfuma in un indistinto e sconosciuto regno di Pan. Quando parleremo di pennellate rapide e veloci, di pittura gestuale e della fine della "pennellata accademica" dell'Ottocento, ricordiamoci queste palme e queste foglioline.
6 - Domus Aurea - Nerone - (60 d.C.)
No comment. Quasi un prototipo di tutti i gruppi celebrativi in pittura, da Piero della Francesca aa Delacroix, questa ricerca nel mettere insieme le persone e dare alla composizione equilibrio, movimento... sembra una scena in un locale disco.
7 - Flora (la primavera), Stabia (I sec. d.C)
Ci vorranno secoli prima che un dipinto torni a voltarci le spalle. Guardate con quale leggerezza pesta il prato questa fanciulla in posa liberty, ma con duemila anni di anticipo. Sicuramente sta camminando nella storia per andare a piazzarsi in un dipinto di Botticelli. Guardate il movimento della figura. Guardate come, nonostante tutto il corpo sia nascosto praticamente da un pasticcio di colori bianco, celeste e giallo, si coglie perfettamente la torsione della ragazza che si volta a cogliere il fiore mentre sta camminando e il suo sguardo che sta proprio guardando il fiore, nonostante tutto ciò sia perfettamente nascosto.
Questa poetessa pensosa, incorniciata da un tondo come le formelle rinascimentali e come i ritratti delle nonne del primo Novecento, pensa con la penna in bocca, come nelle foto contemporanee. E quella figura che ci guarda, quasi distolta dal suo lavoro, ha già dentro i prodromi della Gioconda e dei dipinti di Rembrandt, i la donna delle carte e le cover girl dei giornali di fashion... Esagero? Può darsi, ma questa breve carrellata giustifica i fatto che le invenzioni artistiche dei romani avranno una vita ben più lunga del loro fulgido impero.
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