Cerca nel blog

giovedì 28 gennaio 2021

Italia caput mundi: il Rinascimento

 Chiedo scusa in anticipo per la brevità e la superficialità con cui “liquiderò” il Rinascimento, ma mi risulta difficile aggiungere qualcosa di nuovo o di rilevante ai fiumi di inchiostro che sono stati versati per celebrare e spiegare questo periodo. D’altra parte il nostro progetto è quello di dare un’occhiata all’arte dell’Ottocento e del Novecento, quindi tutto quanto scrivo e mostro sull’arte antica deve essere considerato solo una necessaria tappa di avvicinamento all’arte recente, in cui troveremo i prodromi del futuro.  
Devo anche confessare che, pur non disconoscendone l’enorme portata storica e culturale, io ho sempre avuto qualche perplessità sul Rinascimento. Tutto quel fasto, quella glorificazione dei signori, quell’abbondanza di raffigurazioni, mi ha sempre fatto pensare a un edonismo reaganiano del passato, a una specie di berlusconismo fatto di inganni, libagioni, intrighi segreti ed una rappresentazione pubblica “overdressed” del potere e della classe dominante. Un abbandono della modestia, della solidarietà, della dimensione intima, a favore di una vita pubblica ostentata e sbandierata. Ciò non toglie che questi obiettivi abbiano generato i capolavori che tutti conosciamo e che fanno dell’Italia quel favoloso luogo di arte e di cultura così amato da moltissime persone.

Il cosiddetto Umanesimo (il pensiero rinascimentale) si sviluppa a partire dal XIV secolo, contemporaneamente all’evoluzione delle diverse correnti filosofiche scolastiche. Il movimento si sviluppa al di fuori delle università ed è caratterizzato da una posizione fortemente polemica nei confronti della filosofia e della teologia “accademiche”. Pertanto, negli ultimi due secoli cronologicamente appartenenti al medioevo, una parte del pensiero filosofico va già verso una visione“moderna”, che abbandona la cultura ufficiale per costruirne una nuova, dove Dio diventa un po’ più piccolo e l’uomo un po’ più grande.

Nell’Umanesimo l’uomo è concepito per la prima volta come un essere libero, capace di autodeterminarsi e di capire l’universo, in quanto dotato di ragione.  In filosofia si assiste alla rinascita del neoplatonismo, al quale si devono quel rinnovato interesse per il bello e quella fioritura di espressioni artistiche che vedono l'Italia protagonista.
Un evento che segna profondamente quest’epoca è la caduta dell'Impero Romano d'Oriente nel 1453 (data che talora si usa per indicare la fine del Medioevo) sotto i turchi ottomani. Centinaia di uomini di cultura bizantini fuggono in Italia, dove portano la filosofia di autori come Platone che ancora non erano pienamente conosciuti e studiati. La civiltà sente anche un bisogno di regole e di diritti, e gli umanisti tengono in gran conto il Codice Giustiniano, scritto da Giustiniano I (il più antico fondamento delle attuali leggi), dal quale si ricava un Codice civile. Il metodo dialettico di tradizione medievale si concentra molto sul grande patrimonio dei romani e avvia una interpretazione storico-filologica del diritto romano. La giurisprudenza rinascimentale ha come principale obiettivo quello di mantenere la pubblica sicurezza e la pace interna, ridefinendo il valore della libertas, del diritto e della giustizia in senso meno teorico e assai più pragmatico.
(Bernardino Telesio, Tommaso Campanella e Giordano Bruno).
L'amore per il bello e per l'armonia del cosmo, derivati dal concetto neoplatonico di anima del mondo è alla base delle opere d'arte. Pietro Bembo, amico di Ludovico Ariosto e di Aldo Manuzio, nel Cinquecento scrive: «Perciò che è verissima openione, a noi dalle più approvate scuole de gli antichi diffinitori lasciata, nulla altro essere il buono amore che di bellezza disio».
Le maggiori novità nelle arti plastiche riguardano la rappresentazione dello spazio, che  viene ora vincolata a regole geometriche. Grazie a  Brunelleschi nasce la formulazione delle regole della prospettiva centrale. L’eleganza del Rinascimento ha in antipatia gli elementi troppo decorativi, si riconosce il bello sulle tracce dell'essenzialità classica. Anche per le arti, come per la letteratura, è importante il nuovo approccio all’antico, che si studia con l’intento di recuperarne lo spirito.  L’artista del Quattrocento nelle botteghe, nelle scuole e nelle corti dei signori, è impegnato in una delle trasformazioni più profonde e durature: la nuova collocazione dell’uomo al centro della civiltà. Se ne studiano le proporzioni, la precisa rappresentazione anatomica, la resa dei moti dell’animo.
Come abbiamo detto c’è un nuovo modo di sentire la religiosità. Si è un po’ meno “prostrati” dinanzi al divino, si afferma anche un’arte laica, i cui soggetti possono anche esulare dai temi religiosi. Il Cristianesimo rimane comunque un elemento vitale nella cultura, ma i papi, i cardinali e i vescovi modellano il proprio comportamento sull'etica della società laica, distinguendosi ben poco dai grandi mercanti e dai principi. 

 

Masaccio, Cappella Brancacci (1424-1428)
 

Masaccio  (Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai) (Castel San Giovanni in Altura, 1401 – Roma,  1428)
Rinnova la pittura secondo una nuova visione  fatta di rigore e ordine nella composizione, rifiuta gli eccessi decorativi e l'artificiosità dello stile gotico internazionale. La sua opera si fonda sulla sintesi volumetrica di Giotto riletta attraverso la costruzione prospettica di Brunelleschi e la forza plastica della scultura di Donatello. Masaccio innova la pittura con le sue figure vivissime e fa un gigantesco passo verso la “similitudine del vero”. I dipinti della Cappella Brancacci (realizzata con la collaborazione di Masolino da Panicale e Filippo Lippi) furono oggetto di studio  per i grandi successori di Masaccio del Rinascimento

                                Piero della Francesca, Battesimo di Cristo (1445)


Piero della Francesca, Madonna di Senigallia (tra il 1470 e il 1485)

 

Piero della Francesca, Battaglia di Eraclio e Cosroè (1458-1465)


Piero della Francesca, Ritrovamento delle tre croci e verifica della Croce (comunemente noto come "ritrovamento della Croce") (1452- 1459)



Piero della Francesca  (Borgo Sansepolcro, 1416/1417 –  1492)
Per i suoi colori e per le sue composizioni semplici e rigorose, come se fossero opere di architetura, Piero è uno dei pittori che amo di più dell’epoca antica. Fino al XIX secolo; Piero della F. non ha avuto la celebrazione di grande maestro: la sua pittura “primitiva” al confronto con quella di Michelangelo e Raffaello, viene considerata arcaica e marginale. Ma negli anni più recenti l’opera di Piero ottiene la meritatissima esplosione di popolarità e il riconoscimento della sua enorme portata.  Una curiosità: Piero muore il 12 ottobre 1492, lo stesso giorno in cui Colombo approda alle coste americane.Giorgio Vasari lo definisce «maestro raro nelle difficoltà dei corpi regolari, e nell’aritmetica e geometria», Piero della Francesca applica la prospettiva con straordinaria abilità, secondo le nuove regole elaborate da Leon Battista Alberti nel trattato De pictura. Instaura tra figure e paesaggio un rapporto basato sul controllo di ogni elemento naturalistico, come l’anatomia appena accennata delle figure, in una sintesi grafica che rivela la loro radice geometrica e l’equilibrio armonico tra figure e spazio.
Alla base di questi risultati estetici vi sono leggi matematiche come la sezione aurea, ossia il medio proporzionale fra un segmento e una parte di esso. (La sezione aurea, nota fin dall’antichità, è divulgata nel Rinascimento dal matematico Luca Pacioli che la considera la «divina proportione»). Per Piero è una chiave d’accesso ai segreti della bellezza e della natura, in cui ogni elemento occupa un posto determinato secondo le leggi dei numeri e della geometria. Piero è un vero costruttore dello “spazio”, simile al vero ma al tempo stesso ideale, regolato dalle figure geometriche e dagli aspetti matematici.
Jean Fouquet (Tours, 1420 circa – 1481) è stato un pittore e miniatore francese, massimo rappresentante della pittura del suo paese nel XV secolo. 



Antonello da Messina, L'Annunziata (1470-

Antonello da Messina, “Ritratto d’uomo” (1470)

Antonello da Messina, “Ritratto d’uomo” (1470-1472)

 

Antonello da Messina, San Girolamo nello studio (1474-1475)

Antonello da Messina (Antonio di Giovanni de Antonio) (Messina, 1430 – Messina, febbraio 1479)
Fra il 1450 e il 1460 la sua formazione artistica si consolida a Napoli, su esemplari borgognoni e fiamminghi, in un ambiente di cultura complesso e ricco dove convergevano varie esperienze, cui potevano aver contribuito un probabile soggiorno napoletano di J. Fouquet, e i primi riflessi di Piero della Francesca.
Di Antonello mi colpiscono soprattutto i ritratti che, proprio come i contemporanei del Nord, esprimono emozioni, sentimenti, caratteri, riuscendo a mostrare lo stato d’animo dei personaggi e, si direbbe oggi, la loro psicologia. I dipinti di Antonello ci guardano: con sussiego, con complicità, con comprensione, con ironia e con una intensità di sguardi che arrivano nella profondità dell’anima.



Andrea Mantegna, Parnaso (1495)

 
 

Andrea Mantegna, Martirio di San Sebastiano

Andrea Mantegna, Adorazione dei Magi (1495-1505)


Andrea Mantegna, Ecce homo (1500)

 Andrea Mantegna (Isola di Carturo o Isola Mantegna, 1431 – Mantova, 13 settembre 1506)
Viene spesso definito il pittore della mitologia classica e della storia romana. In effetti, guardando i suoi dipinti da “non esperto” (come ho più volte ribadito) quello che emerge ai nostri occhi è la particolare atmosfera, la luce quasi sempre irreale, la situazione che sembra essere fuori dal tempo. Mantegna infatti non tenta di rendere attuali i fatti puntando sui “sentimenti” come fa Antonello; si limita a descrivere gli eventi collocandoli in un tempo remoto, antico, che a volte sembra quasi preistorico. Così, osservando i suoi dipinti, non siamo a provare empatia per il dramma che vi si svolge, ma sopraffatti dalla meraviglia, come di fronte alla narrazione di storie fantastiche, misteriose e mirabolanti. È un vero maestro nei corpi umani dipinti in prospettiva, come nella Resurrezione di Cristo (1492) e soprattutto nel celeberrimo “Compianto sul Cristo morto” (1490)



 

Sandro Botticelli,  Storie di Virginia (1500-1504)


Sandro Botticelli,  La nascita di Venere (1485)

 

 

Sandro Botticelli, La primavera (1478- 1482)

Sandro Botticelli (Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi) (Firenze, 1º marzo 1445 – Firenze, 17 maggio 1510)Credo che tutti gli spettatori dell’arte antica si siano innamorati delle figure femminili di Botticelli, della loro straordinaria bellezza, della grazia e della “modernità” di questi volti che sono ben lontani dalle donne “solide” di bellezza tradizionale dell’epoca. Con le sue linee eleganti e ondulate che descrivono forme aggraziate e morbide, Botticelli inventa una nuova immagine della bellezza, un nuovo canone estetico. Si dice comunemente che le donne che dipinge siano “figure ideali”, alte ed esili, con lo sguardo dolce e i capelli di colori invero poco mediterranei. Spesso dipinge i capelli sciolti al vento, imprimendo alla scena un movimento, anch’esso “nuovo” rispetto alla staticità dei dipinti contemporanei.
La fama di Botticelli è legata soprattutto alla Primavera e alla Nascita di Venere. Entrambe rappresentano miti con un profondo significato filosofico e letterario, riflettendo perfettamente il clima culturale dell'epoca, che unisce all'amore per le storie antiche il gusto della bellezza e della ricerca filosofica. Attraverso i fasti delle scene mitologiche Botticelli celebra l'età felice inaugurata dai Medici a Firenze, ma occorre anche dire che tutta questa idealità aveva un rapporto con la realtà. La “modella” preferita di Botticelli era infatti la genovese Simonetta Vespucci, nata Cattaneo (1453 – 1476).



Leonardo da Vinci, San Giovanni Battista (1508-1513)



Leonardo da Vinci, Madonna Benois (1478 -1480)

 

 

Leonardo da Vinci, Ritratto di Dama (noto anche tradizionalmente come Belle Ferronnière) (1490-1495)


Leonardo da Vinci (Leonardo di ser Piero da Vinci (Anchiano, 1452 – Amboise, 1519)
Cos’altro posso dire sul maestro universale più celebrato al mondo? Nella sua vita si occupa di tutto, e ovunque con risultati clamorosi. Leonardo scienziato, filosofo, architetto, pittore, scultore, disegnatore, trattatista, scenografo, anatomista, botanico, musicista, ingegnere, progettista, inventore… ovunque il Rinascimento portasse il suo sguardo, Leonardo vi portava la luce del genio e della conoscenza.
La sua arte come pittore consiste in una rielaborazione della tradizione quattrocentesca, alla quale però infonde, vita, movimento, volume, colore e armonia. Vuole rendere nell'arte lo spirito cosmico dell'universo, vuole applicare nell’arte le "regole" della multiforme natura, in una continua ricerca che inequivocabilmente mostra la "potenza" dell'arte. Leonardo vuole penetrare la realtà e “comprendere ogni forma secondo l'apparenza e la sua causa interna”, e questo si vede anche nella novità grafica delle sue ricerche scientifiche, dove si esprime sia l'interesse per il fenomeno naturale che per i “moti dell'animo”.
Sostiene la superiorità della pittura sulla scultura per le straordinarie possibilità evocatrici, simili a quelle della poesia.
Eccezionale per il suo tempo è il peso che hanno i disegni, intesi non più come opere in sé, né per la semplice eleganza del delineare, ma come tracce di idee e di ossessiva ricerca di “soluzioni”, quindi caratterizzati da ripensamenti e revisioni, ma carichi di una capacità espressiva prima intentata. Sono moltissime le opere non finite, forse per l’ansia della ricerca che lo induceva a interrompere il lavoro per l'insorgere di nuove urgenze a cui dedicarsi o forse nella convinzione di aver raggiunto appieno il risultato estetico propostosi già dai primi abbozzi, forse anche per l’insofferenza per la pedissequa esecuzione, che non contiene più nulla di “creativo”.






 

 
Michelangelo Buonarroti, Tondo Doni 

 

Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina, La creazione del sole, della luna e delle piante (1511-1512)

 

Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina, Ebbrezza di Noè (1508 - 1510)

 

Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina,  Sacrificio di Noè (1508-1510)

 

Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina, Sibilla libica (1512)

Michelangelo Buonarroti (Caprese, 6 marzo 1475 – Roma, 18 febbraio 1564)
Altra “superstar”, artista conosciuto in tutto il mondo per una serie di opere che sono il simbolo dell'arte e dell'Italia. In pittura, in particolare, il ciclo di affreschi nella Cappella Sistina, considerati traguardi insuperabili dell'ingegno creativo.
Lo studio delle sue opere segnò le generazioni successive, dando vita al manierismo.
I disegni dei primi anni, copie di figure di maestri del passato, come Giotto e Masaccio, rivelano nel giovane artista una straordinaria capacità di orientarsi criticamente ed individuare i punti fondamentali della tradizione artistica, accogliendone l'eredità e ponendosi come il più diretto continuatore. 




 Giorgione, I tre filosofi,
(1506-1508)

Giorgione (Giorgio Gasparini o Zorzi da Castelfranco) (Castelfranco Veneto, 1478 circa – Venezia, 17 settembre 1510)
E’ giustamente considerato il fondatore della Pittura Veneziana del XVI secolo. Giorgione muore giovanissimo, ma in soli quindici anni crea uno stile decisamente nuovo che è la base per l'arte di Tiziano (1480-1576), la personalità dominante del Cinquecento Italiano. Giorgione riesce a sciogliere la rigidità degli schemi intellettuali del Quattrocento ed a creare un’atmosfera naturale per oggetti, paesaggi e figure in un sapiente alternarsi di luci e d'ombre (probabilmnente sotto l’influenza di Leonardo, che fu a Venezia nel 1500). Giorgio Vasari (1511-1574) nelle sue "Vite" rivela che Giorgio divenne “Giorgione”, sia per l’imponenza fisica che per la grandezza dell'animo.
Giorgione raggiunge la fama come pittore di grandi affreschi, ma il suo personale stile pittorico viene evidenziato soprattutto in immagini spesso di piccole dimensioni, dipinte per il suo piacere nel suo studio. La maggior parte dei suoi soggetti sono ispirati alla mitologia ed alla letteratura laica, dove anche il paesaggio ha sempre un ruolo rilevante. Si può forse pensare che l’interesse per il paesaggio, che caratterizzerà tanta arte del futuro, sia nato con Giorgione, che amava rappresentare tempeste, tramonti e altri fenomeni naturali, e forse potremmo vedere in lui un antesignano dei temi romantici. Tuttavia era apprezzato anche come pittore di ritratti, nei quali il soggetto veniva rappresentato in fantasiose vesti mitologiche, creando una vera e propria “moda”, ma sviluppa anche una forte sensibilità rinascimentale per le relazioni geometriche e per la struttura formale delle sue composizioni (per esempio la Madonna con i Santi Francesco e Liberale, 1500-1504).



Raffaello Sanzio, Dama col liocorno (1505-1506)

 


Raffaello Sanzio, la scuola di Atene

 

Raffaello Sanzio, Madonna del pesce (1514) 
 
 

Raffaello Sanzio, Santa Caterina di Alessandria (1508)



Raffaello Sanzio
(Urbino, 28 marzo o 6 aprile 1483 – Roma, 6 aprile 1520)
La recente mostra (2020) su Raffaello a Roma, ospitata nelle Scuderie del Quirinale ha permesso al pubblico dell’arte una visione ampia di questo altro gigante della pittura, della sua ricerca del bello e dell’armonia, diventata simbolo di un’epoca d’oro per l’Italia.
Inizia studiando le opere di Piero della Francesca per intraprendere una carriera improntata all'esaltazione delle idee del vero, del bene e del bello. Nel 1504 va a Firenze per imparare le lezioni dei grandi  Leonardo e Michelangelo e dove fa amicizia con i pittori locali, soprattutto Fra' Bartolomeo, la cui influenza lo spinge ad abbandonare lo stile esile ed aggraziato del Perugino (presso il quale aveva fatto apprendistato)  per forme più grandiose e poderose. Nel 1508 si trasferisce a Roma, dove inizia a lavorare per papa Giulio II diventando l'artista più ricercato di Roma. Si dice che morì in seguito ad eccessi a soli trentasette anni, ma alle spalle aveva già una serie di capolavori.






Nessun commento:

Posta un commento