Se qualche volta abbiamo sentito la famosa frase “l’arte supera la natura” o abbiamo preso parte a qualche dibattito circa la competizione tra arte e natura, sappiate che quel dibattito è nato dalle parole dell’incommensurabile Giorgio Vasari (Arezzo, 30 luglio 1511 – Firenze, 27 giugno 1574), pittore, architetto e storico dell'arte italiano, che vede nell'arte a lui contemporanea la perfezione capace di superare la natura.
Giorgio Vasari, Sei poeti toscani (1544)
Il termine maniera è presente nei trattati del XV e XVI secolo e il “manierismo” non ha quella connotazione negativa che noi oggi gli attribuiamo. Al contrario, la “maniera” definisce l’abilità stilistica. Vasari definisce i gradi della "maniera", e utilizza questo termine per definire i diversi stili nelle diverse epoche nelle varie aree geografiche. I maestri della generazione precedente, come Leonardo, Raffaello, Giorgione ed altri erano riusciti a codificare le regole su cui si basa l'imitazione della natura, gli artisti del 1500 che ben conoscono queste regole, vogliono ampliarle e superarle per superare la natura stessa. La tensione tra regola e licenza è la base del linguaggio manieristico. Il manierismo chiama in gioco una grandissima competenza tecnica negli artisti e una estesa cultura da parte dei fruitori delle opere. La data di inizio dell'era moderna è convenzionalmente posta al 1492, anno della Scoperta delle Americhe e della morte di Lorenzo il Magnifico, protagonista indiscusso del panorama politico italiano. L’arrivo di questa modernità scuote il sistema di certezze che era stato alla base del mondo umanistico. Ci sono un po’ di eventi drammatici che determinano questo enorme cambiamento: la presa di Costantinopoli (1453), la discesa in Italia dell'esercito di Carlo VIII di Francia (1494), l'invasione di Carlo V d'Asburgo con il suo esercito di lanzichenecchi (mercenari tedeschi e spagnoli). Arriva un periodo di guerre, di instabilità e di smarrimento. Nel 1498 c’è anche l’esecuzione di Savonarola a Firenze, nel 1520 muore Raffaello Sanzio e nel 1527 inizia la diaspora della scuola di allievi dell'urbinate, che diffuse il nuovo stile in tutta la penisola: tra questi:
Perin del Vaga. La caduta dei giganti (1531-1533)
Perin del Vaga, La caduta dei giganti (due particolari)
Piero di Giovanni Bonaccorsi, detto Perino o Perin del Vaga (Firenze, 23 giugno 1501 – Roma, 19 ottobre 1547) Perino del Vaga, come Giulio Romano, non si preoccupa di mantenere l'armonia e l'equilibrio lasciato in eredità da Raffaello ma, ormai superato definitivamente il naturalismo quattrocentesco, cerca di svolgere al meglio il suo nuovo ruolo di pittore di corte: alleggerisce le forme che rende più brillanti per poter caricare di contenuti intellettualistici la decorazione e accentuarvi la funzione simbolica; così, nelle decorazioni genovesi, Andrea Doria non può essere solo un ammiraglio, ma deve diventare Nettuno e allora Carlo V deve essere almeno Giove, mentre nelle decorazioni di Castel Sant'Angelo Perino frammenta la narrazione affollando le figure in pareti prive di sfondi prospettici e paesaggistici, come a soffocare l'osservatore sotto la sovrabbondanza dei suoi simboli.
Polidoro da Caravaggio, trasporto di Cristo al sepolcro (1524-1527)
Polidoro da Caravaggio (Polidoro Caldara) (Caravaggio, 1499/1500 circa – Messina, 1543 circa) opera a Napoli e in Sicilia
Di straordinaria importanza anche i lavori intrapresi a Mantova da Giulio Romano:
Giulio Romano, Giove seduce Olimpiade (1527)
Un dipinto che oggi definiremmo quasi "porno" e che comunque non lascia spazio ad equivoci circa le intenzioni di Giove. Siamo ormai lontani dal "timor di Dio" del medioevo e la "lacità" dei dipinti, giustificata dalla mitologia, apre la strada alla pittura cosiddetta "profana".
Giulio Romano, L'Assemblea degli dei attorno al trono di Giove (Palazzo del Te a Mantova)
Quando ho visto qesto affresco "dal vero" a Mantova, nella Sala dei Giganti, credo di aver provato l'identico stupore e l'identica meraviglia che provò il committente marchese Federico II (che, per inciso, "stressava" il povero Giulio affinché finisse l'opera celermente, dimenticando naturalmente che la fretta è l'ingrediente peggiore per la realizzazione di un'opera d'arte. Nonostante ciò, Giulio non tradì le grandi aspettative.
Giulio Romano (Giulio Pippi de' Jannuzzi) (Roma, 1499 circa – Mantova, 1º novembre 1546) Si trasferisce da Roma nella città dei Gonzaga nel 1524. Fra i manieristi maturi eccelle un gruppo di artisti che elaborano con più personalità e profondità i motivi classici (vedi Andrea del Sarto, Pontormo, Rosso Fiorentino, Bronzino, Vasari, Daniele da Volterra, Francesco Salviati detto il Cecchino, Giuseppe Porta, Nicolò dell'Abate, Lattanzio Pagani, Antonio da Carpena detto Carpenino, i fratelli Federico e Taddeo Zuccari). L'età della maniera subisce dei forti contraccolpi con la fine del Concilio di Trento nel 1563, ma il gusto manierista, sempre più raffinato e decorativo, continua in imprese di grande virtuosismo commissionate dalle grandi corti europee.
Tiziano, Amor sacro e amor profano (1514)
Tiziano, la Venere di Urbino (1538).
Uno dei dipinti più famosi della storia, dove l'atteggiamento della dea pagana oscilla tra pudore e licenziosità (direi con una chiara predominanza della licenziosità). Il dipinto doveva servire come esempio educativo per Giulia da Varano, la moglie estremamente giovane del duca Guidobaldo della Rovere, sposata nel 1534 per ragioni politiche, al fine di persuaderla al connubio amoroso in maniera allegorica e "culturale". Il dipinto ha molti punti di contatto con la precedente Venere del Giorgione la quale, però era dormiente, mentre la Venere di Tiziano ci guarda negli occhi e sembra quasi invitarci. Anche Ingres realizzerà una copia di questo dipinto nel 1821.
Giorgione, Venere dormiente (1510)
Tiziano (Tiziano Vecellio) (Pieve di Cadore, 1488/1490– Venezia, 27 agosto 1576), Cittadino della Repubblica di Venezia, importante esponente della scuola veneziana, innovatore e poliedrico, maestro con Giorgione del tonalismo. è uno dei pochi pittori italiani a gestire una vera e propria fabbrica d’arte, accorto imprenditore della bottega oltre che della sua personale produzione, direttamente a contatto con i potenti dell'epoca che erano i suoi maggiori committenti. Il suo rinnovamento della pittura si basa sulla contrapposizione al michelangiolesco «primato del disegno», sull'uso straordinario e innovativo del colore. Tiziano usa la forza espressiva del colore materico e poi, entrando nella piena maturità, abbandona la spazialità bilanciata, il carattere solare e fastoso del colore del Rinascimento, assumendo il dinamismo proprio del manierismo e giocando con libertà nelle variazioni cromatiche in cui il colore era reso "più duttile, più sensibile agli effetti della luce".
Parmigianino, Cupido che fabbrica l'arco (1533-1535)
Notare lo sguardo malizioso di uno dei due bambini e lo sguardo complice di Cupido, che sembra dirci: la prossima freccia sarà per te!
Parmigianino,
Madonna dal collo lungo (1534-1540)
Una Madonna aristocratica e quasi
"pagana", ben lontana dagli stereotipi precedenti, esprime una estetica
che si oppone al classicismo. Le dita e il collo di Maria, e anche la
gamba dell'angelo sono allungati. Il corpo di Maria è grande quasi il
doppio di quello degli altri personaggi. C'è la volontà esplicita di
dare alle immagini un aspetto ideale, elegante e sofisticato.
Parmigianino, (Francesco Maria Mazzola) (Parma, 11 gennaio 1503 – Casalmaggiore, 24 agosto 1540). Lavora a Bologna e Parma, ma anche in Francia con Rosso Fiorentino e Primaticcio che operano nel castello di Fontainebleau.
Tintoretto, Lavanda dei piedi (1547-1549)
Tintoretto Giuditta e Oloferne (1577).
Tintoretto (Jacopo Robusti o Jacopo Comin) (Venezia, settembre o ottobre 1518 – Venezia, 31 maggio 1594) Cittadino della Repubblica di Venezia, è uno dei massimi esponenti della pittura veneta e dell'arte manierista in generale. Il soprannome "Tintoretto" gli deriva dal padre che era un tintore di tessuti di seta. Per l’energia fenomenale della sua pittura è stato soprannominato Il furioso o il terribile, come lo definì il Vasari (al quale per la verità il Tintoretto non piaceva molto) per il suo carattere forte e l’uso drammatico della prospettiva e della luce, caratteristiche che fanno di lui il precursore dell'arte barocca.
Sempre senza grandi pretese, diamo una rapida occhiata ad alcune meraviglie d'oltralpe in epoca rinascimentale. Il Rinascimento nel nord europeo ha aspetti più sobri e contenuti di quello nostrano. Il nord, sostanzialmente, non opera una frattura così radicale con il passato. Le dottrine religiose e intellettuali dell'Europa centro-settentrionale, al contrario dell'Umanesimo italiano, negano la supremazia dell'intelletto, ponendo piuttosto l'accento sugli aspetti trascendenti e irrazionali: ne sono esempio le prime elaborazioni di Martin Lutero e le opere di Sebastian Brandt ed Erasmo da Rotterdam. Nell'area olandese ci si mantiene più fedeli agli stilemi del grande Van Eyck (1390-1441) elaborando tuttavia un'arte meno celebrativa e più "intima", sempre più alla ricerca delle varie manifestazioni della natura umana, anche nella sua semplicità e nella sua vicinanza alla "realtà" (non necessariamente bella ed edificante). Un aspetto molto interessante dell'arte fiamminga in questo periodo si trova anche nella sua lontananza dai palazzi e dagli altari. In effetti, credo che nell'epoca borgognona i grandi fiamminghi per primi comincino ad occuparsi della "gente comune", mostrandoci un'arte assai più "democratica" di quella nostrana, dove i soggetti erano sempre nobili, santi o comunque personaggi celebri. Francia e Germania producono i primi grandi capolavori inaugurando una tradizione artistica destinata a illuminare i secoli futuri.
(è possibile "cliccare" sulle immagini per vederle a una migliore risoluzione)
Jean Fouquet, La presa di Gerico (miniatura) (circa 1470)
Jean Fouquet, una delle due parti de Dittico di Melun (1452-55). Colpisce l"astrazione" delle figure umane completamente idealizzate, il cui biancore statuario si staglia su uno sfondo circondata da uno stuolo altrettanto "irreale" di cherubini (in blu) e serafini (in rosso), I due colori simbolizzano a sapienza e l'amore di Dio.
Jean Fouquet (Tours, 1420 – 1481) Riconosciuto come il massimo rappresentante della pittura francese del XV secolo, Fouquet dal 1445 al 1448 viaggia in Italia e conosce alcuni dei grandi maestri nostrani ma sviluppa uno stile personale e una abile sintesi figurativa del corpo umano. Dedica anche una particolare cura agli sfondi e alle ambientazioni paesaggistiche.
Quentin Metsys, Santa Maddalena (1520-25)
Quentin Metsys, gli amanti mal assortiti (1520-25)
Quentin Massys, la duchessa brutta (1513)
Quentin Metsys (Quentin Massys o anche Kwinten Matsijs) (Lovanio, 1466 – Anversa, 1530) Un grande fiammingo che rompe gli schemi, mostrando come il brutto e il grottesco possano essere interessanti da esplorare e da esprimere al pari del bello e dell'edificante. Se interessa un approfondimento su questo genialissimo autore, potete trovare una bella galleria di immagini qui: https://www.tuttartpitturasculturapoesiamusica.com/2018/01/Quentin-Massys.html
Albrecht Dürer, Melencolia (incisione, 1514)
Albrecht Dürer, Ritratto di Barbara Holper (1490)
Albrecht Dürer, Autoritratto con pelliccia (1500)
Albrecht Dürer, Veduta di Innsbruck (Cortile dell'ex castello di Innsbruck con le nuvole) (1494)
Albrecht Dürer (in Italia lo chiamavano Alberto Duro o Durero) (Norimberga, 1471 – 1528). Senza dubbio un talento incommensurabile, che esprime fin da ragazzino (strepitoso il suo autoritratto a tredici anni!). Formatosi come incisore, è il maestro dell'espressione grafica intesa come "puro disegno", che va dalla composizione allo studio dal vero, dal
paesaggio al ritratto. Grazie ai suoi studi scientifici e ai suoi
viaggi, ha messo in contatto il Nord e il Sud dell'Europa, contribuendo a
rendere moderna la cultura nordica.
Hieronymus Bosch, Trittico del Giardino delle delizie (1480-1490)
Hieronymus Bosch, Il giudizio universale (1500-1510)
Hieronymus Bosch (scuola), Tentazioni di Sant'Antonio (1500-1510)
Hieronymus Bosch (Jeroen Anthoniszoon van Aken) ('s-Hertogenbosch, 1453 – 1516) Con quella che oggi definiamo "ironia" (ma non sono affatto certo che il significato che oggi diamo a questa parola sia adatto a definire le sue opere), Bosch mette in scena i conflitti dell'uomo rispetto alle regole imposte dalla morale religiosa, quindi la caduta nel vizio e il destino infernale per redimersi dal quale c'è solo il riferimento alle vite dei santi
Jean Clouet , Ritratto d'uomo (circa 1520)
Jean Clouet (Bruxelles, 1480 – Parigi, 1541) di famiglia fiamminga, lavora alla corte francese dove realizza una grande serie di ritratti e viene ritenuto l'iniziatore della tradizione ritrattistica francese
Joos van Cleve, La morte di Lucrezia (1520)
Joos (o Joost) van Cleve (van Beke) (Kleve, 1485 – Anversa, 1540) pittore fiammingo. Fu tra i principali artefici della scuola di Anversa, che grazie ai suoi numerosi viaggi arricchì di stilemi eclettici, derivati da molti modelli figurativi dell'arte europea.
François Clouet, Elisabetta d'Austria (1571)
François Clouet (Tours, 1515 – Parigi, 1572) Figlio di Jean (vedi sopra). E' un prosecutore dell'opera paterna: stessa sobrietà, concentrazione nella ricerca della somiglianza e stessa cura per evitare ogni dettaglio superfluo.Ma si spinge oltre in particolare nelle sue opere di temi galanti (la Dame au bain) e satirici (La Farce des Grecs descendue).
Pieter Bruegel, Cacciatori nella neve (1565)
Pieter Bruegel, Proverbi fiamminghi (1559)
Pieter Bruegel, Banchetto nuziale (o nozze di campagna) (1568)
Pieter Bruegel, La parabola dei ciechi (1565-1570)
Pieter Bruegel, La danza contadina (1568)
Pieter Bruegel, o Brueghel (Bruegel il Vecchio) (Breda, 1525/1530 circa – Bruxelles, 1569) A differenza degli italiani del Rinascimento, l'uomo per Bruegel e per i nordici in generale non gode della fiducia datagli dalla filosofia e dalla protezione divina, ma è sopraffatto dalla Natura e rimpicciolito nella sua impotenza e nell'indifferenza generale. Per questo i suoi soggetti non hanno niente di ideale, ma sono piuttosto scrutati nella loro forma reale, per certi versi iper-reale. L'attenzione di Bruegel al paesaggio (come anche in Dürer) apre la strada ad una nuova forma di pittura in cui gli scenari naturali cominciano a diventare soggetti d'arte. A Bruegel interessa molto la vita delle persone, che esprime anche trasformando la tradizione popolare in racconti quasi fiabeschi e nello stesso tempo estremamente "veri". Le sue composizioni straordinarie, la gamma strepitosa dei suoi colori, gli orizzonti "paesaggistici" ne fanno uno dei più celebri e dei più riprodotti pittori dell'epoca rinascimentale (e uno dei miei preferiti, ma questo conta assai poco). E' noto come "Bruegel il Vecchio" per distinguerlo dal suo omonimo successore, ma in realtà morì intorno ai quarant'anni.
Chiedo scusa in anticipo per la brevità e la superficialità con cui “liquiderò” il Rinascimento, ma mi risulta difficile aggiungere qualcosa di nuovo o di rilevante ai fiumi di inchiostro che sono stati versati per celebrare e spiegare questo periodo. D’altra parte il nostro progetto è quello di dare un’occhiata all’arte dell’Ottocento e del Novecento, quindi tutto quanto scrivo e mostro sull’arte antica deve essere considerato solo una necessaria tappa di avvicinamento all’arte recente, in cui troveremo i prodromi del futuro. Devo anche confessare che, pur non disconoscendone l’enorme portata storica e culturale, io ho sempre avuto qualche perplessità sul Rinascimento. Tutto quel fasto, quella glorificazione dei signori, quell’abbondanza di raffigurazioni, mi ha sempre fatto pensare a un edonismo reaganiano del passato, a una specie di berlusconismo fatto di inganni, libagioni, intrighi segreti ed una rappresentazione pubblica “overdressed” del potere e della classe dominante. Un abbandono della modestia, della solidarietà, della dimensione intima, a favore di una vita pubblica ostentata e sbandierata. Ciò non toglie che questi obiettivi abbiano generato i capolavori che tutti conosciamo e che fanno dell’Italia quel favoloso luogo di arte e di cultura così amato da moltissime persone.
Il cosiddetto Umanesimo (il pensiero rinascimentale) si sviluppa a partire dal XIV secolo, contemporaneamente all’evoluzione delle diverse correnti filosofiche scolastiche. Il movimento si sviluppa al di fuori delle università ed è caratterizzato da una posizione fortemente polemica nei confronti della filosofia e della teologia “accademiche”. Pertanto, negli ultimi due secoli cronologicamente appartenenti al medioevo, una parte del pensiero filosofico va già verso una visione“moderna”, che abbandona la cultura ufficiale per costruirne una nuova, dove Dio diventa un po’ più piccolo e l’uomo un po’ più grande.
Nell’Umanesimo l’uomo è concepito per la prima volta come un essere libero, capace di autodeterminarsi e di capire l’universo, in quanto dotato di ragione. In filosofia si assiste alla rinascita del neoplatonismo, al quale si devono quel rinnovato interesse per il bello e quella fioritura di espressioni artistiche che vedono l'Italia protagonista. Un evento che segna profondamente quest’epoca è la caduta dell'Impero Romano d'Oriente nel 1453 (data che talora si usa per indicare la fine del Medioevo) sotto i turchi ottomani. Centinaia di uomini di cultura bizantini fuggono in Italia, dove portano la filosofia di autori come Platone che ancora non erano pienamente conosciuti e studiati. La civiltà sente anche un bisogno di regole e di diritti, e gli umanisti tengono in gran conto il Codice Giustiniano, scritto da Giustiniano I (il più antico fondamento delle attuali leggi), dal quale si ricava un Codice civile. Il metodo dialettico di tradizione medievale si concentra molto sul grande patrimonio dei romani e avvia una interpretazione storico-filologica del diritto romano. La giurisprudenza rinascimentale ha come principale obiettivo quello di mantenere la pubblica sicurezza e la pace interna, ridefinendo il valore della libertas, del diritto e della giustizia in senso meno teorico e assai più pragmatico. (Bernardino Telesio, Tommaso Campanella e Giordano Bruno). L'amore per il bello e per l'armonia del cosmo, derivati dal concetto neoplatonico di anima del mondo è alla base delle opere d'arte. Pietro Bembo, amico di Ludovico Ariosto e di Aldo Manuzio, nel Cinquecento scrive: «Perciò che è verissima openione, a noi dalle più approvate scuole de gli antichi diffinitori lasciata, nulla altro essere il buono amore che di bellezza disio». Le maggiori novità nelle arti plastiche riguardano la rappresentazione dello spazio, che viene ora vincolata a regole geometriche. Grazie a Brunelleschi nasce la formulazione delle regole della prospettiva centrale. L’eleganza del Rinascimento ha in antipatia gli elementi troppo decorativi, si riconosce il bello sulle tracce dell'essenzialità classica. Anche per le arti, come per la letteratura, è importante il nuovo approccio all’antico, che si studia con l’intento di recuperarne lo spirito. L’artista del Quattrocento nelle botteghe, nelle scuole e nelle corti dei signori, è impegnato in una delle trasformazioni più profonde e durature: la nuova collocazione dell’uomo al centro della civiltà. Se ne studiano le proporzioni, la precisa rappresentazione anatomica, la resa dei moti dell’animo. Come abbiamo detto c’è un nuovo modo di sentire la religiosità. Si è un po’ meno “prostrati” dinanzi al divino, si afferma anche un’arte laica, i cui soggetti possono anche esulare dai temi religiosi. Il Cristianesimo rimane comunque un elemento vitale nella cultura, ma i papi, i cardinali e i vescovi modellano il proprio comportamento sull'etica della società laica, distinguendosi ben poco dai grandi mercanti e dai principi.
Masaccio, Cappella Brancacci (1424-1428)
Masaccio (Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai) (Castel San Giovanni in Altura, 1401 – Roma, 1428) Rinnova la pittura secondo una nuova visione fatta di rigore e ordine nella composizione, rifiuta gli eccessi decorativi e l'artificiosità dello stile gotico internazionale. La sua opera si fonda sulla sintesi volumetrica di Giotto riletta attraverso la costruzione prospettica di Brunelleschi e la forza plastica della scultura di Donatello. Masaccio innova la pittura con le sue figure vivissime e fa un gigantesco passo verso la “similitudine del vero”. I dipinti della Cappella Brancacci (realizzata con la collaborazione di Masolino da Panicale e Filippo Lippi) furono oggetto di studio per i grandi successori di Masaccio del Rinascimento
Piero della Francesca, Battesimo di Cristo (1445)
Piero della Francesca, Madonna di Senigallia (tra il 1470 e il 1485)
Piero della Francesca, Battaglia di Eraclio e Cosroè (1458-1465)
Piero della Francesca, Ritrovamento delle tre croci e verifica della Croce (comunemente noto come "ritrovamento della Croce") (1452- 1459)
Piero della Francesca (Borgo Sansepolcro, 1416/1417 – 1492) Per i suoi colori e per le sue composizioni semplici e rigorose, come se fossero opere di architetura, Piero è uno dei pittori che amo di più dell’epoca antica. Fino al XIX secolo; Piero della F. non ha avuto la celebrazione di grande maestro: la sua pittura “primitiva” al confronto con quella di Michelangelo e Raffaello, viene considerata arcaica e marginale. Ma negli anni più recenti l’opera di Piero ottiene la meritatissima esplosione di popolarità e il riconoscimento della sua enorme portata. Una curiosità: Piero muore il 12 ottobre 1492, lo stesso giorno in cui Colombo approda alle coste americane.Giorgio Vasari lo definisce «maestro raro nelle difficoltà dei corpi regolari, e nell’aritmetica e geometria», Piero della Francesca applica la prospettiva con straordinaria abilità, secondo le nuove regole elaborate da Leon Battista Alberti nel trattato De pictura. Instaura tra figure e paesaggio un rapporto basato sul controllo di ogni elemento naturalistico, come l’anatomia appena accennata delle figure, in una sintesi grafica che rivela la loro radice geometrica e l’equilibrio armonico tra figure e spazio. Alla base di questi risultati estetici vi sono leggi matematiche come la sezione aurea, ossia il medio proporzionale fra un segmento e una parte di esso. (La sezione aurea, nota fin dall’antichità, è divulgata nel Rinascimento dal matematico Luca Pacioli che la considera la «divina proportione»). Per Piero è una chiave d’accesso ai segreti della bellezza e della natura, in cui ogni elemento occupa un posto determinato secondo le leggi dei numeri e della geometria. Piero è un vero costruttore dello “spazio”, simile al vero ma al tempo stesso ideale, regolato dalle figure geometriche e dagli aspetti matematici. Jean Fouquet (Tours, 1420 circa – 1481) è stato un pittore e miniatore francese, massimo rappresentante della pittura del suo paese nel XV secolo.
Antonello da Messina, L'Annunziata (1470-
Antonello da Messina, “Ritratto d’uomo” (1470)
Antonello da Messina, “Ritratto d’uomo” (1470-1472)
Antonello da Messina, San Girolamo nello studio (1474-1475) Antonello da Messina (Antonio di Giovanni de Antonio) (Messina, 1430 – Messina, febbraio 1479) Fra il 1450 e il 1460 la sua formazione artistica si consolida a Napoli, su esemplari borgognoni e fiamminghi, in un ambiente di cultura complesso e ricco dove convergevano varie esperienze, cui potevano aver contribuito un probabile soggiorno napoletano di J. Fouquet, e i primi riflessi di Piero della Francesca. Di Antonello mi colpiscono soprattutto i ritratti che, proprio come i contemporanei del Nord, esprimono emozioni, sentimenti, caratteri, riuscendo a mostrare lo stato d’animo dei personaggi e, si direbbe oggi, la loro psicologia. I dipinti di Antonello ci guardano: con sussiego, con complicità, con comprensione, con ironia e con una intensità di sguardi che arrivano nella profondità dell’anima.
Andrea Mantegna, Parnaso (1495)
Andrea Mantegna, Martirio di San Sebastiano
Andrea Mantegna, Adorazione dei Magi (1495-1505)
Andrea Mantegna, Ecce homo (1500)
Andrea Mantegna (Isola di Carturo o Isola Mantegna, 1431 – Mantova, 13 settembre 1506) Viene spesso definito il pittore della mitologia classica e della storia romana. In effetti, guardando i suoi dipinti da “non esperto” (come ho più volte ribadito) quello che emerge ai nostri occhi è la particolare atmosfera, la luce quasi sempre irreale, la situazione che sembra essere fuori dal tempo. Mantegna infatti non tenta di rendere attuali i fatti puntando sui “sentimenti” come fa Antonello; si limita a descrivere gli eventi collocandoli in un tempo remoto, antico, che a volte sembra quasi preistorico. Così, osservando i suoi dipinti, non siamo a provare empatia per il dramma che vi si svolge, ma sopraffatti dalla meraviglia, come di fronte alla narrazione di storie fantastiche, misteriose e mirabolanti. È un vero maestro nei corpi umani dipinti in prospettiva, come nella Resurrezione di Cristo (1492) e soprattutto nel celeberrimo “Compianto sul Cristo morto” (1490)
Sandro Botticelli, Storie di Virginia (1500-1504)
Sandro Botticelli, La nascita di Venere (1485)
Sandro Botticelli, La primavera (1478- 1482)
Sandro Botticelli (Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi) (Firenze, 1º marzo 1445 – Firenze, 17 maggio 1510)Credo che tutti gli spettatori dell’arte antica si siano innamorati delle figure femminili di Botticelli, della loro straordinaria bellezza, della grazia e della “modernità” di questi volti che sono ben lontani dalle donne “solide” di bellezza tradizionale dell’epoca. Con le sue linee eleganti e ondulate che descrivono forme aggraziate e morbide, Botticelli inventa una nuova immagine della bellezza, un nuovo canone estetico. Si dice comunemente che le donne che dipinge siano “figure ideali”, alte ed esili, con lo sguardo dolce e i capelli di colori invero poco mediterranei. Spesso dipinge i capelli sciolti al vento, imprimendo alla scena un movimento, anch’esso “nuovo” rispetto alla staticità dei dipinti contemporanei. La fama di Botticelli è legata soprattutto alla Primavera e alla Nascita di Venere. Entrambe rappresentano miti con un profondo significato filosofico e letterario, riflettendo perfettamente il clima culturale dell'epoca, che unisce all'amore per le storie antiche il gusto della bellezza e della ricerca filosofica. Attraverso i fasti delle scene mitologiche Botticelli celebra l'età felice inaugurata dai Medici a Firenze, ma occorre anche dire che tutta questa idealità aveva un rapporto con la realtà. La “modella” preferita di Botticelli era infatti la genovese Simonetta Vespucci, nata Cattaneo (1453 – 1476).
Leonardo da Vinci, San Giovanni Battista (1508-1513)
Leonardo da Vinci, Madonna Benois (1478 -1480)
Leonardo da Vinci, Ritratto di Dama (noto anche tradizionalmente come Belle Ferronnière) (1490-1495)
Leonardo da Vinci (Leonardo di ser Piero da Vinci (Anchiano, 1452 – Amboise, 1519) Cos’altro posso dire sul maestro universale più celebrato al mondo? Nella sua vita si occupa di tutto, e ovunque con risultati clamorosi. Leonardo scienziato, filosofo, architetto, pittore, scultore, disegnatore, trattatista, scenografo, anatomista, botanico, musicista, ingegnere, progettista, inventore… ovunque il Rinascimento portasse il suo sguardo, Leonardo vi portava la luce del genio e della conoscenza. La sua arte come pittore consiste in una rielaborazione della tradizione quattrocentesca, alla quale però infonde, vita, movimento, volume, colore e armonia. Vuole rendere nell'arte lo spirito cosmico dell'universo, vuole applicare nell’arte le "regole" della multiforme natura, in una continua ricerca che inequivocabilmente mostra la "potenza" dell'arte. Leonardo vuole penetrare la realtà e “comprendere ogni forma secondo l'apparenza e la sua causa interna”, e questo si vede anche nella novità grafica delle sue ricerche scientifiche, dove si esprime sia l'interesse per il fenomeno naturale che per i “moti dell'animo”. Sostiene la superiorità della pittura sulla scultura per le straordinarie possibilità evocatrici, simili a quelle della poesia. Eccezionale per il suo tempo è il peso che hanno i disegni, intesi non più come opere in sé, né per la semplice eleganza del delineare, ma come tracce di idee e di ossessiva ricerca di “soluzioni”, quindi caratterizzati da ripensamenti e revisioni, ma carichi di una capacità espressiva prima intentata. Sono moltissime le opere non finite, forse per l’ansia della ricerca che lo induceva a interrompere il lavoro per l'insorgere di nuove urgenze a cui dedicarsi o forse nella convinzione di aver raggiunto appieno il risultato estetico propostosi già dai primi abbozzi, forse anche per l’insofferenza per la pedissequa esecuzione, che non contiene più nulla di “creativo”.
Michelangelo Buonarroti, Tondo Doni
Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina, La creazione del sole, della luna e delle piante (1511-1512)
Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina, Ebbrezza di Noè (1508 - 1510)
Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina, Sacrificio di Noè (1508-1510)
Michelangelo Buonarroti (Caprese, 6 marzo 1475 – Roma, 18 febbraio 1564) Altra “superstar”, artista conosciuto in tutto il mondo per una serie di opere che sono il simbolo dell'arte e dell'Italia. In pittura, in particolare, il ciclo di affreschi nella Cappella Sistina, considerati traguardi insuperabili dell'ingegno creativo. Lo studio delle sue opere segnò le generazioni successive, dando vita al manierismo. I disegni dei primi anni, copie di figure di maestri del passato, come Giotto e Masaccio, rivelano nel giovane artista una straordinaria capacità di orientarsi criticamente ed individuare i punti fondamentali della tradizione artistica, accogliendone l'eredità e ponendosi come il più diretto continuatore.
Giorgione, I tre filosofi, (1506-1508)
Giorgione (Giorgio Gasparini o Zorzi da Castelfranco) (Castelfranco Veneto, 1478 circa – Venezia, 17 settembre 1510) E’ giustamente considerato il fondatore della Pittura Veneziana del XVI secolo. Giorgione muore giovanissimo, ma in soli quindici anni crea uno stile decisamente nuovo che è la base per l'arte di Tiziano (1480-1576), la personalità dominante del Cinquecento Italiano. Giorgione riesce a sciogliere la rigidità degli schemi intellettuali del Quattrocento ed a creare un’atmosfera naturale per oggetti, paesaggi e figure in un sapiente alternarsi di luci e d'ombre (probabilmnente sotto l’influenza di Leonardo, che fu a Venezia nel 1500). Giorgio Vasari (1511-1574) nelle sue "Vite" rivela che Giorgio divenne “Giorgione”, sia per l’imponenza fisica che per la grandezza dell'animo. Giorgione raggiunge la fama come pittore di grandi affreschi, ma il suo personale stile pittorico viene evidenziato soprattutto in immagini spesso di piccole dimensioni, dipinte per il suo piacere nel suo studio. La maggior parte dei suoi soggetti sono ispirati alla mitologia ed alla letteratura laica, dove anche il paesaggio ha sempre un ruolo rilevante. Si può forse pensare che l’interesse per il paesaggio, che caratterizzerà tanta arte del futuro, sia nato con Giorgione, che amava rappresentare tempeste, tramonti e altri fenomeni naturali, e forse potremmo vedere in lui un antesignano dei temi romantici. Tuttavia era apprezzato anche come pittore di ritratti, nei quali il soggetto veniva rappresentato in fantasiose vesti mitologiche, creando una vera e propria “moda”, ma sviluppa anche una forte sensibilità rinascimentale per le relazioni geometriche e per la struttura formale delle sue composizioni (per esempio la Madonna con i Santi Francesco e Liberale, 1500-1504).
Raffaello Sanzio, Dama col liocorno (1505-1506)
Raffaello Sanzio, la scuola di Atene
Raffaello Sanzio, Madonna del pesce (1514)
Raffaello Sanzio, Santa Caterina di Alessandria (1508)
Raffaello Sanzio (Urbino, 28 marzo o 6 aprile 1483 – Roma, 6 aprile 1520) La
recente mostra (2020) su Raffaello a Roma, ospitata nelle Scuderie del
Quirinale ha permesso al pubblico dell’arte una visione ampia di questo
altro gigante della pittura, della sua ricerca del bello e dell’armonia,
diventata simbolo di un’epoca d’oro per l’Italia. Inizia studiando
le opere di Piero della Francesca per intraprendere una carriera
improntata all'esaltazione delle idee del vero, del bene e del bello.
Nel 1504 va a Firenze per imparare le lezioni dei grandi Leonardo e
Michelangelo e dove fa amicizia con i pittori locali, soprattutto Fra'
Bartolomeo, la cui influenza lo spinge ad abbandonare lo stile esile ed
aggraziato del Perugino (presso il quale aveva fatto apprendistato) per
forme più grandiose e poderose. Nel 1508 si trasferisce a Roma, dove
inizia a lavorare per papa Giulio II diventando l'artista più ricercato
di Roma. Si dice che morì in seguito ad eccessi a soli trentasette anni,
ma alle spalle aveva già una serie di capolavori.