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giovedì 21 febbraio 2013

Attorno alle città

Per cominciare, una riflessione allo sviluppo urbano cominciato negli anni '60.  Un'attività che ha cambiato il destino di tanti italiani, la cui fortuna economica è legata all'edilizia. Il sogno speculativo dei "palazzinari" (non necessariamente in senso dispregiativo) per molti anni si è pienamente realizzato, e ancora oggi, quando si parla di ripresa, in molti ambienti si sogna la riapertura dei cantieri.
Indipendentemente dal destino del settore e dalle molte polemiche sul modello di sviluppo legato alla progressiva cementificazione, vorrei soltanto mettere a fuoco, proprio come richiede il nostro blog, i paesaggi che questa speculazione ha generato. Non sto parlando soltanto delle periferie degradate come quelle romane o palermitane, ma anche delle periferie più pulite e ordinate delle città di medie dimensioni. Quando cammino per i quartieri otto-novecenteschi delle nostre città (per non parlare dei centri storici), mi coglie come una specie di nostalgia per quegli spazi urbani, per quei manufatti edilizi composti e costruiti con cura, per quei portici e quelle piazze alberate... il raffronto con le zone che hanno caratterizzato l'espansione urbana del boom economico è impietoso; viene veramente da chiedersi quale traccia della nostra epoca rimarrà come patrimonio ai posteri. Non sto parlando di sporadiche "Grandi Opere" firmate dalle archistar, ma della vera cultura architettonica della nostra società, quella diffusa e acquisita da progettisti e imprese, quella che si esprime nell'edilizia residenziale, nei centri commerciali, nei capannoni e nelle palazzine delle aziende. Non abbiamo prodotto nessuno stile, apparentemente non vi è nessuna ricerca della bellezza né a livello architettonico né su scala territoriale; nonostante lo sviluppo delle discipline urbanistiche non siamo riusciti a dare un senso ai quartieri nuovi.
Se però almeno quello che abbiamo fatto fosse duraturo, potremmo sperare che anche le palazzine contemporanee conquistassero un loro posto nella storia dell'architettura italiana, ovvero una delle culle della cultura architettonica del passato. Invece, per l'uso dei materiali, per il desiderio di maggiori margini, per la necessità di contenere i costi, i nostri manufatti edilizi necessitano di costanti manutenzioni, in caso contrario deperiscono rapidamente trasformando in orrendo ciò che da nuovo era soltanto molto brutto. Se fino a qualche anno fa l'impoverimento e lo snaturamento del paesaggio avevano come contropartita l'arricchimento di qualcuno, oggi siamo di fronte anche ad un fallimento economico, a imprese costrette a ultimare senza soldi edifici di cui - sulla carta - hanno venduto solo una piccola parte. Ma ciò che è più grave è l'evidente fallimento dell'urbanistica, pur con tutti i suoi supporti sociologici e statistici, pur con l'analisi dei flussi e con il rilevamento dei bisogni degli abitanti. Mentre scrivevo questo post ho cercato in rete immagini emblematiche di periferie italiane. Mi sono imbattuto nell'articolo Cronache dalla città-periferia: La città-narrazione di Enzo Scandurra di cui condivido molte cose e da cui ho tratto l'immagine (che ho un po' rimaneggiato).

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