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giovedì 28 novembre 2013

Considerazioni su una presunta opera d'arte

Istruzioni per creare un micro-dibattito intorno all'arte contemporanea

1) Dipingete un quadro con una tecnica pittorica che evochi il passato (io ho simulato il divisionismo, ma va bene qualunque stile, purchè non si superi il primo Novecento)

2) Cercate di realizzare l'opera con la migliore tecnica di cui disponete per imitare o ricalcare fedelmente lo stile che avete scelto. Il risultato deve essere soddisfacente, e sufficientemente simile alle opere del periodo prescelto.

3) Incorniciatela adeguatamente, ovvero trovando una cornice che simuli una certa contemporaneità con l'opera. (Se simulate un'opera antica, abbiate cura di far camolare la cornice).

4) Intitolate l'opera con una locuzione congrua alla datazione (io ho chiamato la presente opera "Sera a Capieso" oppure "Elisa e Giulia al tramonto".

5) Mostrate l'opera ai vostri amici (quelli un po' esperti d'arte, non le vecchie zie), dichiarando che è una vostra realizzazione, che si rifà a un qualche cosa del passato.



Noterete che - a parte qualche complimento per la tecnica - raccoglierete apprezzamenti un po' pallidi, assensi forniti un po' obtorto collo. I più malevoli vi diranno che sembra una scatola di ciccolatini.

6) Se però voi, prima di mostrare l'opera vi siete dotati di una trousse di poliestere arancione semi-trasparente comprata dai cinesi ...



e poi l'avete saldamente attaccata alla vostra opera, in questo modo:



Noterete che i giudizi saranno più favorevoli. L'opera dovrà essere rigorosamente "senza titolo", e alla mesmerica enunciazione della mancanza di enunciati espliciti i giudizi miglioreranno ancora, forse qualcuno la difinirà addirittura "geniale".
Come sempre, non c'è polemica in queste considerazioni. Solo il desiderio di portare l'attenzione sul valore della trousse, dell'atto di apporre la trousse e di come l'applicazione dellla trousse possa in un attimo catapultare un'opera "in avanti" di qualche secolo e addirittura, come in questo caso, trasformare una banale opera di artigianato manuale in qualcosa che aspira ad essere arte.

5 commenti:

  1. Dal punto di vista linguistico il lavoro di Marco Vimercati si può leggere
    come la conseguenza di processi pittorici e scultorei che prendono le mosse dalle forme archetipiche dell’Arte Povera, alle quali l’artista sottrae la chiave astrattista e impersonale impastandola con il
    vissuto, con la narrazione di fatti personali, la genesi concettuale della sua opera è altrettanto densa di riferimenti storici e culturali, uno sguardo d'insieme permette di cogliere immediatamente la dimensione "politica" in senso largo, i conflitti, le frizioni e le ambiguità del mondo attuale.


    L'opera "Ceci n'est pas une trousse" è emblematica del suo percorso, delle domande che pone senza una vera speranza di risposta. Appare infatti evidente la critica al mondo accademico che dall'eremo dorato in cui si è rinchiuso nell'ultimo secolo ha veicolato falsi dogmi, contribuendo a diffondere l'errata teoria che l'arte debba essere comunicativa, estetica ed emozionante. L'inserimento su un dipinto divisionista di una trousse di plastica, fabbricata da un bambino cinese ed inutilmente arancione, pone inoltre l'accento sulla decadenza della società attuale ed accusa apertamente le sette sorelle del petrolio.
    Se si vuole cercare il pelo nel pagliaio (cit.), forse l'unico appunto è l'eccessiva leggibilità dell'opera, meriterebbe forse di essere meno didascalica.

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  2. Beh, riflessioni profonde sull'argomento (che peraltro è un tormentone mentale dei progettisti più avveduti...) dicevo, riflessioni divertentissime, oltre che acute, le fa Jorge Luis Borges in un mirabile racconto, che ho sempre apprezzato infinitamente.Si tratta di "Pierre Menard, autor del Quijote", raccolto in "Ficciones" nel 1944.
    Però il Menard non attacca buste di plastica. L'autore immagina lo straniamento ottenibile con la semplice e pedissequa riscrittura. Non saprei...

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  3. Grazie dei commenti, anche di quelli su facebook. Volevo sottolineare il fatto che oggi si attribuisce grande importanza ai processi (gli atti per creare, le decisioni e lescelte diventano la chiave dell'opera) e poca importanza ai risultati. Duchamp in un certo senso forse aveva anche cercato di creare un antidoto, svelando il gioco in maniera lapalissiana (e forse financo didascalica). L'hanno preso sul serio, perchè il suo atto era importante... il casino è che hanno preso sul serio i suoi risultati. (d'altra parte non c'è altro che il risultato, a testimoniare un atto).

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  4. Dopo Duchamp il nulla. L'arte concettuale ha fatto il suo tempo, però è di facile realizzazione. Basta trovare un bel titolo e un'efficace motivazione. I critici sono dei copywriter magnifici in questo. Lo sgomento, la sorpresa..lo scandalo di coloro che quasi un secolo fa provarono con la ruota o il cesso di Duchamp o la merda di Manzoni, oggi fa sorridere. Rimango più scioccato alla vista di blob su rai3 o di una serata D'alessio/ Tatangelo, piuttosto che una visita alla biennale di Venezia. Però davanti a un quadro di Bosch (Hieronymus), mi incanto ancora e scopro cose nuove. Sai come la penso: una volta i pittori, gli scultori ecc. erano prima di tutto artigiani. Maestri nella loro tecnica. L' Art Noveau/ Decò, coraggiosamente, aveva rimesso in discussione stili passati, architettura, elementi decorativi, materiali, linguaggio ecc. ma con competenza, padronanza dei mezzi, potenza creativa. Poteva non piacere, d'accordo, ma immaginiamo per un momento di avere un foglio bianco davanti e una matita e proporsi di realizzare qualcosa di completamente nuovo, non da chiudere in un qualche museo ed essere "capito" da 4 intellettuali. Ma qualcosa alla portata di tutti. Bene, non ne siamo più capaci. Meglio appiccicare una custodia fuxia su un dipinto divisionista..( a proposito portalo in galleria, che magari si vende). Non so se Dio è morto, ma l'"arte" certamente è agonizzante.

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